lunedì 26 marzo 2018

Carmen ( II )

2-
Negli anni ’80 furono prodotti molti film tratti da opere liriche, che erano quasi sempre messe in scena molto fedeli. L’origine di questi film è sicuramente “Il flauto magico” diretto da Ingmar Bergman nel 1974, a cui seguì il “Don Giovanni” con la regia di Joseph Losey nel 1978; ma di questi film, e degli altri titoli che furono prodotti e messi in circuito nelle sale cinematografiche, ho già parlato molto. Uscirono anche due film per il cinema tratti dalla Carmen di Bizet, quasi contemporanei: uno diretto da Francesco Rosi e uno da Peter Brook.
 

Il film di Peter Brook nasce in teatro alla fine degli anni ‘70, ebbe una lunga serie di recite in tutto il mondo e diventa film solo nel 1983. E' un arrangiamento con orchestra ridotta e in teatro ebbe molte interpreti diverse, in una lunga tournée che toccò tutta l'Europa. Non lo vedo da molto tempo; nel 1992 mi ero segnato questo appunto: «La tragedie de Carmen di Peter Brook è ben recitato e ben fatto, Helene Delavault somiglia a Carol Drinkwater, peccato che il testo di Merimée sia molto appiattito, così compresso da riuscire quasi una parodia. Forse questa “compressione” del testo (ridotto a 6-7 personaggi, niente cori, niente esterni) funzionava a teatro, ma nel film non funziona così bene. Inoltre, alcune modifiche sono trovate banali e ridicole, per esempio Carmen che fa a botte con Micaela, Josè che strangola Zuniga, Escamillo incornato e ucciso dal toro. La musica aggiunta è bruttina. Howard Hensel è Josè, Agnes Host è Micaela, Jake Gardner è Escamillo, la direzione della fotografia è di Sven Nykvyst, il direttore d’orchestra è Marius Constant. (anno 1992)» Posso aggiungere che Carol Drinkwater è un’attrice inglese che in quel periodo mi piaceva moltissimo (la si vede in “The shout” di Skolimowski e in alcuni telefilm inglesi), e che il film di Brook non l’ho più visto, forse oggi non sarei d’accordo col me stesso di ventisei anni fa, ma chi può dirlo.
Ricordo invece un mio scarso entusiasmo per la “Carmen” diretta da Francesco Rosi, protagonisti Placido Domingo, Julia Migenes-Johnson e Ruggero Raimondi (1984); ma a quei tempi andavo regolarmente a teatro e ai concerti, per uno che va a teatro una ripresa tv o al cinema è quasi sempre una sofferenza. Della protagonista si sono perse le tracce da tempo, Domingo e Raimondi sono ancora ben presenti sui palcoscenici di tutto il mondo.
In quello stesso anno, tra il 1983 e il 1984, uscirono altri due film sul personaggio di Carmen, uno diretto da Carlos Saura e ambientato nel mondo del balletto, e uno di Jean Luc Godard, "Prénom Carmen", nel quale la storia di Carmen è oggetto di una serie di riflessioni diverse sull'oggi.
1984 il film di Francesco Rosi, con Julia Migenes-Johnson, Placido Domingo, Ruggero Raimondi
1983 "La tragédie de Carmen", di Peter Brook, con Helene Delavault e Zehava Gal
1983 "Carmen story" di Carlos Saura, con Laura Del Sol e Antonio Gades
1983 una "Carmen" della tv svedese, con Anne Marie Muhle
1984 "Carmen proibita" con Pamela Prati, film spagnolo di Albert Lopez
1985 una Carmen di Bizet della BBC, con Maria Ewing e Barry Mc Cauley
1987 "Kokkino-mavro Carmen" di Stella Belessi, film greco
1987 una Carmen di Bizet diretta da James Levine, con Agnes Baltsa, Josè Carreras, Samuel Ramey
1989 un'altra Carmen di Bizet con protagonista Maria Ewing, sempre di produzione inglese, con Jacques Trussel e Alain Fondary; dirige Jacques Delacote.
1990 "Carmen on ice", spettacolo di pattinaggio con la campionessa olimpica Katarina Witt
1991 terza Carmen di Maria Ewing, dirige Zubin Mehta. Con Luis Lima e Gino Quilico.
1998 Carmen di Bizet, protagonista Malgorzata Walewska; dirige Giorgio Croci, Mario Malagnini tenore
1999 Carmen alla tv svedese, con Charlotte Hellekant e Gosta Wimbergh
2001 "Karmen Gei" film senegalese di Jospeh Gai Ramaka
2002 Carmen di Bizet da Glyndebourne, con Anne Sophie von Otter; Marcus Haddock tenore, Laurent Naouri; dirige Philippe Jordan
2003 film con Paz Vega, regia di Vicente Aranda
2003 film russo con Olga Filippova, regia di Alexander Khvan

2003 Carmen di Bizet dall'Arena di Verona, con Marina Domashenko e Marco Berti; dirige Alain Lombard, regia di Zeffirelli
2004 Carmen di Bizet da Avignone, con Beatrice Uria-Monzon, Roberto Alagna e Ludovic Tezier; dirige Myung-Whun Chung.
2005 "U-Carmen" film sudafricano di Mark Donford May
2005 balletto di Roland Petit, abbinato con "Le jeune homme et la mort" di Cocteau
2006 Carmen di Bizet ancora con la Domashenko; tenore Rolando Villazon, dirige Barenboim
2007 Carmen di Bizet con Anna C. Antonacci e Jonas Kaufmann, dirige Pappano
2009 Carmen di Bizet dalla Scala, con Jonas Kaufmann, Anita Rachvelishvili, Erwin Schrott; dirige Barenboim
2010 Carmen di Bizet da Vienna, con Nadia Krasteva, Massimo Giordano, Ildebrando d'Arcangelo, e Anna Netrebko come Micaela; dirige Andris Nelsons.
2011 Carmen di Bizet ancora con la Uria-Monzon, tenore Alagna, baritono Schrott; dirige Marc Piollet
2011 "Carmen in 3D" con Christine Rice e Bryan Hymel, dirige Constantinos Carydis
2011 film di Jacques Malaterre con Vicky Luengo
2012 balletto di Lina Bo
2013 Carmen di Bizet da Sydney; Rinat Shaham è Carmen, dirige Brian Castles Onion
2015 Carmen di Bizet con Justina Gryngite, dirige Richard Armstrong
2017 Carmen di Bizet da Bregenz, con Gaelle Arquez; dirige Paolo Carignani
Le registrazioni in teatro sono certamente molte di più, per esempio mi ricordo bene di una Carmen diretta da Claudio Abbado alla Scala, con Shirley Verrett, trasmessa dalla Rai a metà anni '80.


"Carmen" è stata censurata non nel 1850 o nel 1948 ma di recente e in almeno due modi, la prima sul fatto che fosse sigaraia in fabbrica, la seconda sul fatto che venga uccisa da don Josè (in un allestimento recentissimo, è lei che uccide lui). Vedo molta superficialità in queste riletture: al di là e al di sopra dei pareri personali, della realtà storica bisogna in ogni modo tenere conto. Per il tabacco, basterebbe dire che cento o duecento anni fa non si conoscevano i pericoli legati al fumo; per la triste realtà delle donne uccise dai mariti o dagli ex compagni, non è certo cambiando i finali d'opera che si ottengono risultati. Caso mai, la sorte di Carmen potrebbe essere di avviso per altre donne. E poi c'è il rispetto per l'autore, che non dovrebbe mai mancare: con quel finale, che oltretutto racconta una storia vera, l'autore ci sta dicendo qualcosa. Se non si capisce quello che scrive l'autore, o se non si è d'accordo, bisognerebbe avere il coraggio di mettere il proprio nome in locandina, ben visibile: una riscrittura è accettabile, un pasticcio no. Io vado a teatro per vedere l'Amleto di Shakespeare, posso accettare qualche taglio ma non certo modifiche di questo genere; nel caso un regista volesse modificare l'Amleto, o la Carmen, lo metta bene in chiaro fin dal principio. Se si vuole una nuova drammaturgia, bisogna mettersi in gioco e non fare i furbi: in fin dei conti, "Don Giovanni" è stato riscritto molte volte e con successo (Tirso de Molina, Molière, Da Ponte...), idem per l'Orlando Furioso e per le storie dei Paladini, gli esempi sono molti e non c'è che da avere il coraggio di cominciare (il rischio d'impresa, insomma). In ogni caso, se vado a vedere o ad ascoltare la "Carmen" di Bizet vorrei che fosse la "Carmen" di Georges Bizet, e non un pasticcetto di qualcun altro o altra che sia.
 
 
 

(2-fine)

giovedì 22 marzo 2018

Carmen ( I )


Prosper Mérimée pubblica "Carmen" nel 1845, come racconto di qualcosa che ha visto o vissuto quindici anni prima, nel 1830; Georges Bizet mette in musica quel racconto nel 1875, su libretto di Meilhac e Halevy. Al cinema, la tragedia di Carmen (e di don Josè, da lei portato alla disperazione, nonché della povera Micaela che perde il suo innamorato) è tra i soggetti più ricorrenti. Si comincia nel 1907, e nei primi decenni del cinema si tratta quasi sempre del racconto di Mérimée, anche se una delle prime interpreti sullo schermo fu una grande cantante d'opera, Geraldine Farrar.
Nel dettaglio, ecco l'elenco delle Carmen preso da www.imdb.com: spesso è difficile risalire ai dettagli, molti film di prima del sonoro sono andati perduti, altri sono visibili anche in rete, su youtube per esempio. Quasi tutti hanno per titolo "Carmen", tranne quelli dove è indicato il titolo diverso. L'elenco delle Carmen nel cinema muto:
1907 regia di Arthur Gilbert, da Meilhac Halevy
1909 regia di Gerolamo Lo Savio, con Vittoria Lepanto
1910 "The cigarette maker of Seville" con madame Pilar Morin
1911 "Carmen la hija del contrabandista" di Ricardo de Banos
1912 "The Frankel"
1913 "Stanner Taylor", con Marion Leonard
1913 regia di Lucius Henderson, con Marguerite Snow
1914 regia di Giovanni Doria e A.Turqui, con Suzy Prim e A.Habay
1915 il film con Geraldine Farrar, regia di Cecil B.De Mille, con Wallace Reid come Don Josè
1915 regia di Raoul Walsh, con Theda Bara ed Einar Linden
1915 "Carmen" ("Carmen e Charlot"), con Charlie Chaplin
1915 "La otra Carmen" di Josè de Togores, con Lola Paris
1918 "Gypsy blood" (Sangue gitano) con Pola Negri, regia di Ernst Lubitsch
1919 "Een Carmen van het Noorden" film olandese di Maurits Bingen e Hans Nesna, Annie Bos
1921 film messicano con regia di Ernesto Vollrath, protagonista Elvira Ortiz
1922 regia di George Wynn, con Patricia Fitzgerald
1926 regia di Jacques Feyder, con Raquel Meller
1927 regia di Harry B. Parkinson, con Zeda Pascha
1927 "Loves of Carmen" di Raoul Walsh, con Dolores Del Rio, Victor Mc Laglen, Don Alvarado.
Oltre alla "Carmen" di Geraldine Farrar, con regia di Cecil B. De Mille, vanno segnalati i nomi di alcune attrici famose nei primissimi anni del cinema: Vittoria Lepanto nel 1909, Theda Bara nel 1915, Pola Negri nel 1918. Tra i registi, Raoul Walsh dirige "Carmen" due volte (1915 e 1927); il film di Chaplin è una comica della Essanay. Ernst Lubitsch dirige Carmen nel 1918, con Pola Negri; Jacques Feyder, regista francese, nel 1926 con Raquel Meller. La seconda "Carmen" di Walsh è Dolores Del Rio, e il film si segnala anche per la presenza di Victor Mc Laglen, grande caratterista e protagonista pochi anni dopo di "The informer" di John Ford.
 

Le "Carmen" dopo l'invenzione del sonoro:
1932 regia di Cecil Lewis, con Marguerite Namara e Thomas Burke
1933 regia di Lotte Reininger, cortometraggio d'animazione
1938 "Andalusische Nachte" (La cortigiana di Siviglia), film tedesco di Herbert Maisch con protagonista l'attrice Imperio Argentina.
1938 "Carmen la de Triana" di Florian Rey, sempre con Imperio Argentina
1943 regia di Luis Cesar Amadori, con Ninì Marshall, film argentino
1944 regia di Christian Jaque, con Viviane Romance e Jean Marais
1948 "The loves of Carmen" (Gli amori di Carmen), regia di Charles Vidor, con Rita Hayworth e Glenn Ford


E' del 1952 la prima registrazione su pellicola dell'opera di Bizet:
1952, film NBC con Risë Stevens, Richard Tucker, Robert Merrill; dirige Fritz Reiner, regia di Tyrone Guthrie. Devo però aggiungere che di questo film non ho trovato traccia sui motori di ricerca, che rimandano sempre all'edizione discografica con lo stesso cast.
Poi si riprende con i film tratti dalla novella di Mérimée, ma Carmen negli anni '50 e '60 sembra un soggetto passato di moda. Famosa e di grande successo, in ogni caso, "Carmen Jones" di Otto Preminger.
1953 "Carmen proibita", regia di Giuseppe M. Scotese, con Ana Esmeralda, Fausto Tozzi
1954 "Carmen Jones", regia di Otto Preminger, testo originale modificato da Oscar Hammerstein, con Dorothy Dandridge e Harry Belafonte. La voce di Dorothy Dandridge, nel canto, è quella di Marilyn Horne.

1959 "Carmen de la ronda" (Duello implacabile), regia di Tullio De Micheli, con Sara Montiel e Maurice Ronet (Ronet è stato interprete di Vincenzo Bellini in "Casta Diva" di Carmine Gallone, cinque anni prima)
1960 una Carmen di Bizet per la tv svedese: dirige Goran Gentele, con Kjerstin Dellert, Sigurd Bjorling, Ragnar Ulfung.
1962 "Carmen di Trastevere", regia di Carmine Gallone, variazione sul tema con protagonista Giovanna Ralli
1967 "Carmen baby", film con Uta Levka, regia di Radley Metzger
1969 l'edizione diretta da Herbert von Karajan a Vienna, con Grace Bumbry, Jon Vickers, Mirella Freni e Justino Diaz.
1973 un'altra Carmen di Bizet per la tv svedese, con Edith Thallaug, Jonny Blanc, Rolf Jupither. La regia è di Jean Pierre Ponnelle, non ho trovato il nome del direttore d'orchestra.
1978 l'edizione diretta da Carlos Kleiber, con Elena Obrazova, Placido Domingo, Juri Mazurok; regia di Brian Large, orchestra Radio Austriaca, produzione Unitel
1980 Berganza Domingo Ricciarelli Raimondi dir. Pierre Dervaux, regia Piero Faggioni
1981 un balletto con Zizi Jeanmaire, Denis Ganio e Baryshnikov, su France 3

 
 


(1- segue)

domenica 18 marzo 2018

Boris Christoff


Ho imparato a conoscere Boris Christoff quando ero sui diciott’anni, e l’opera lirica ancora non mi piaceva; ma la TSI, la tv della Svizzera Italiana, gli aveva dedicato una lunga intervista, che io avevo visto senza cercarla, per caso (ammesso che queste cose succedano per caso: a dire il vero, ne dubito fortemente). Christoff non poteva passare inosservato, neanche in tv: per la voce, ma anche per l’aspetto. Non che fosse imponente fisicamente, era sì alto e forte ma tutto sommato nella norma: era proprio qualcosa di suo, di naturale, un carattere che impone soggezione. Magari in privato, a casa sua, sarà stato una persona simpatica e cordiale: ma così, in veste ufficiale, Christoff sembrava davvero uno Zar, un Grande Inquisitore, un Filippo II, o il Gran Sacerdote dell’Aida. Certo, la voce di basso aiuta: i bassi del teatro lirico, a sentirli parlare, fanno tutti un po’ soggezione. Ma Christoff era proprio un’altra cosa, e del resto basta ascoltare i suoi dischi per capire cosa intendo.
Christoff, bulgaro di nascita, aveva spiegato di essere arrivato in Italia molto giovane, e di aver studiato con il baritono Riccardo Stracciari: un cantante di grande fama, e un insegnante molto attento ma anche molto esigente, soprattutto nella dizione. Un’ottima scuola, a giudicare dai risultati: molti cantanti d’opera si mangiano le parole, ma con Christoff si può fare a meno di leggere il libretto, ogni singola parola è scandita (e cantata!) con enorme precisione e chiarezza assoluta. Non aveva una voce bellissima, Christoff: piuttosto aspra, scura, non la voce morbida e fluente di un altro basso altrettanto grande Nicolai Ghiaurov (bulgaro-italiano come lui, e di lui più giovane), ma una voce precisa, potente, intonatissima, personalissima e impressionante.
Parlando di musica, Boris Christoff è stato una presenza fondamentale per me, una delle persone che – suo malgrado – mi hanno indicato la strada giusta da seguire. A un certo punto mi è anche capitato di conoscerlo di persona, gli ho perfino stretto la mano – io ero più alto di lui e mi ha guardato un po’ male, abituato com’era ad essere il Re, lo Zar, il Gran Sacerdote, e di conseguenza a stare sempre un gradino più in alto, a guardare tutti dall’alto in basso.


Ma, andando con ordine, e specificando subito che io non sono abituato a importunare i grandi artisti (e nemmeno le persone normali), quel giorno nel camerino mi ci avevano portato le persone con cui ero andato all’opera, a Parma. Il mio comportamento consueto era questo, al termine degli spettacoli: magari applaudivo anche per venti minuti di fila, ma poi andavo subito a casa. Anche se avessi incontrato Carlos Kleiber o Claudio Abbado, cosa mai avrei potuto dire? Una riconoscenza infinita, questo sì; ma la riconoscenza l’avevo già espressa con gli applausi, pensavo che bastasse. Oltretutto, io non sono un musicista e uno come Christoff della mia approvazione di semplice ascoltatore poteva benissimo fare a meno.
 

Ho ascoltato Boris Christoff una volta sola: si era già ritirato da tempo, ma ogni tanto si concedeva un’uscita, e l’8 gennaio 1982 cantò a Parma nel Don Carlos di Giuseppe Verdi, in uno dei suoi ruoli preferiti: Filippo II re di Spagna. Era ancora in ottima forma, e non capita a tutti. Accanto a lui, Renato Bruson, Ghena Dimitrova, Luigi Roni, Vasile Moldoveanu, Stefania Toczyska; direttore Günther Neuhold. Al termine dello spettacolo, mi portarono a fare un giro nei camerini: io non ero abituato, ma si usava. Anche di persona, visto da vicino, Christoff era impressionante: sembrava essere rimasto nel suo personaggio, era molto cordiale ma un suo sguardo o un’alzata di voce, anche in una conversazione normalissima, facevano comunque sobbalzare. Mi venne da pensare che se fosse stato un maestro di scuola avrebbe ottenuto attenzione e disciplina anche nella classe più agitata, semplicemente alzando un sopracciglio (e se poi avesse deciso di alzare la voce...).
Avevo già tutti i suoi dischi: il Boris Godunov di Mussorgskij, il Don Carlos, il Simon Boccanegra, Una vita per lo Zar, Il principe Igor. Oltretutto costavano poco, perché nella musica classica e operistica vale il principio opposto a quello che si potrebbe immaginare, e cioè che le incisioni leggendarie costano meno delle altre. E’ così da sempre, perché si crede che le incisioni degli anni ’50 e ’60 e ’70 (prima del digitale) siano peggiori: ma così non è, e gli appassionati lo sanno.
Non è tutto oro quello che luccica, col digitale e col computer si fanno facilmente trucchi meschini (un po’ come capita con photoshop per le immagini), ma soprattutto si impara presto che è l’interpretazione che conta, non il modo in cui la si è registrata. Certo, l’ideale è avere un’esecuzione leggendaria ottimamente registrata: ma se volete ascoltare Enrico Caruso sappiate che ci ha lasciati nel 1921, se volete ascoltare Furtwaengler e Toscanini, le loro incisioni più recenti risalgono ai primi anni ’50; se volete ascoltare Maria Callas, i suoi anni d’oro vanno dal 1948 al 1958. Gli anni migliori di Pavarotti, per fare un esempio recente, sono quelli tra il 1960 e il 1980; ma conviene restare il più vicini possibile al 1960, è lì che vive la leggenda di Pavarotti, e sono già registrazioni eccellenti. Del resto, poco tempo fa chiesero a Maurizio Pollini quale fosse la registrazione migliore di Chopin, e Pollini non ebbe esitazioni: Arthur Rubinstein per la RCA, anno 1956.
 
Di Boris Christoff la mia Garzantina dice: «Christoff, Boris (1919-1993) nato a Plovdiv, basso bulgaro naturalizzato italiano. Perfezionatosi a Milano con Riccardo Stracciari, esordì nel 1946 a Roma con la Bohème di Puccini. Specialista del repertorio russo (Mussorgskij: Kovancina e Boris Godunov; “Una vita per lo zar” di Glinka; “Il principe Igor” di Borodin), grande interprete anche del repertorio verdiano (Ernani, Don Carlos, Simon Boccanegra) e della musica da camera. Fu attore intelligente, dotato di ottima presenza scenica.»
Wikipedia dice invece che Christoff nacque nel 1914, aggiunge che era laureato in giurisprudenza e che fece in tempo a iniziare la carriera da magistrato, poi abbandonata visto il grande successo in palcoscenico. Il suo maestro, Riccardo Stracciari, lo vedeva meglio come baritono, ma Christoff decise subito di essere un basso. Il debutto alla Scala arriva molto presto, 1948-49, con il Boris Godunov. Si può ancora aggiungere che la liturgia cristiano-ortodossa utilizza da sempre voci scure e anche molto profonde, questo è stato il punto di partenza di molto grandi cantanti dell’Est Europa, e anche Boris Christoff (che in Bulgaria iniziò a cantare in un coro) non fa eccezione.
Boris Christoff non ha mai preso parte a film come attore, e lo possiamo rivedere solo nelle interviste e in alcune (pochissime) registrazioni d’opera. Secondo Internet Movie Data Base (un elenco che spero incompleto, in effetti vi manca l'intervista della TSI di cui parlavo all'inizio) Christoff appare soltanto in "La forza del destino" di Verdi, una produzione Rai del 1958, con Corelli, Tebaldi, Bastianini, Capecchi, Oralia Dominguez; dirige Francesco Molinari Pradelli.
Christoff è uno degli ospiti in alcune trasmissioni della tv americana negli anni '50 e '60: in "Producer's Showcase" una puntata del 1956, in "Gala performance" una puntata del 1965 e in "Music for you" tre volte fra 1958 e 1961.

 

mercoledì 14 marzo 2018

Grace Moore


Grace Moore, all'anagrafe Willie Marie Grace Moore (1898–1947) è una cantante d'opera molto presente nel cinema americano, e molto popolare in Usa come attrice. Devo ammettere che la conosco poco, ma la sua presenza nel cinema è notevole e quindi mi preparo con questo post a imparare qualcosa su di lei e sulla sua voce.
Mi appoggio quindi a wikipedia per qualche notizia biografica (la voce di wikipedia è molto più ampia, io la sto riducendo alle informazioni essenziali):
Grace Moore è stata un soprano e attrice statunitense. Era soprannominata "L'usignolo del Tennessee". I film da lei interpretati hanno contribuito a rendere più popolare la lirica, ponendola all'attenzione di un pubblico più vasto. Nacque il 5 dicembre 1898 nel Tennessee. Dopo le scuole superiori si iscrisse per un breve periodo al Ward-Belmont College di Nashville, andando quindi a New York per proseguire i suoi studi musicali ed iniziare la propria carriera.
Gli inizi sono a Broadway, dove Grace Moore debutta il 19 ottobre 1920 nel musical "Hitchy-Koo of 1920" di Jerome Kern al New Amsterdam Theatre. Nel 1922 e nel 1923 partecipò alla seconda e terza annata di rappresentazioni della rivista Music Box di Irving Berlin. Nel 1932 fu, sempre a Broadway, nel cast dell'operetta "The DuBarry" di Karl Millöcker, che però rimase in cartellone solo per un breve periodo.
Dopo essersi perfezionata in Francia, il 7 febbraio 1928 la Moore fece il proprio debutto nel mondo della lirica al Metropolitan Opera di New York, interpretando il ruolo di Mimì ne La bohème di Puccini. Il 29 settembre seguente debuttò nello stesso ruolo all'Opera-Comique di Parigi, e poi al Covent Garden di Londra. Nel corso delle 16 stagioni nella compagnia del Metropolitan Opera si esibì in diverse opere italiane e francesi sostenendo tra gli altri anche il ruolo di protagonista in Tosca e Manon e nella Louise di Charpentier. Proprio Louise era la sua opera preferita, ed è opinione comune che quello sia stato il ruolo in cui ha dato il meglio di sé. Negli anni trenta e quaranta tenne concerti negli Stati Uniti e in Europa, esibendosi in un repertorio che comprendeva selezioni di brani d'opera ed altre canzoni in tedesco, francese, italiano, spagnolo ed inglese. Nel corso della seconda guerra mondiale fece parte dell'USO, l'ente che tuttora si occupa di organizzare spettacoli per le truppe statunitensi, esibendosi per i soldati che si trovavano in missione all'estero.
Grace Moore morì in un incidente aereo, avvenuto nelle vicinanze dell'aeroporto di Copenaghen su un DC3 della KLM, il 26 gennaio 1947, a soli 48 anni. Tra le altre vittime dello stesso incidente vi fu il principe Gustavo Adolfo di Svezia, all'epoca secondo nella linea ereditaria del trono della nazione scandinava, e padre dell'attuale re Carlo XVI Gustavo di Svezia.
La vita di Grace Moore è stata portata sul grande schermo nel 1953 con il film "So This is Love" ("Sogno di Bohème" per il distributore italiano), interpretato dalla cantante Kathryn Grayson.
Attirata da Hollywood nei primi anni del cinema sonoro, il primo ruolo per il grande schermo interpretato dalla Moore fu quello di Jenny Lind, nell'omonimo film del 1930, prodotto da Irving Thalberg per la MGM e diretto da Sidney Franklin. Nello stesso anno, insieme al cantante del Metropolitan Lawrence Tibbett, interpretò la prima trasposizione cinematografica dell'operetta di Sigmund Romberg "The New Moon", sempre per conto della MGM. Dopo una pausa di diversi anni, la Moore tornò ad Hollywood, stavolta firmando un contratto con la Columbia Pictures, per cui girò sei film. Nel film del 1934 "Una notte d'amore", il primo per la Columbia, interpretò una ragazza di provincia che sogna di diventare una cantante lirica; grazie a quel ruolo nel 1935 ottenne una nomination all'Oscar alla miglior attrice. Interpretò parti simili in diversi altri film. In un momento memorabile di Amanti di domani (When You're in Love) del 1937, la Moore si esibì in una scena comica durante la quale, indossati camicia e pantaloni di flanella, si unisce ad una band di cinque musicisti scatenandosi in una strepitosa versione di Minnie the Moocher di Cab Calloway, cambiandone però il testo per adeguarsi ai parametri della Hollywood dell'epoca.
In "Quando la vita è un romanzo" del 1937, insieme al tenore statunitense Frank Forest, eseguì il celebre duetto "Vogliatemi bene" tratto da Madama Butterfly.
L'ultimo film da lei interpretato fu "Luisa" del 1939, tratto dall'omonima opera di Gustave Charpentier, che prevedeva delle parti parlate al posto di alcune delle arie originali dell'opera. Il compositore stesso partecipò alla realizzazione del film, autorizzando i tagli ed i cambiamenti al libretto, istruendo la Moore e dando suggerimenti al regista Abel Gance. La produzione includeva nel cast anche due celebri cantanti francesi: il tenore Georges Thill e il basso André Pernet.
Filmografia:
- 1930 Passione cosacca (New Moon), regia di Jack Conway nel ruolo della principessa Tanya Strogoff
- 1930 Jenny Lind (A Lady's Morals), regia di Sidney Franklin nel ruolo di Jenny Lind
- 1931 Jenny Lind, regia di Arthur Robison nel ruolo di Jenny Lind (versione francese di A Lady's Morals) (1931)
- Una notte d'amore (One Night of Love), regia di Victor Schertzinger nel ruolo di Mary Barrett
- 1935 Sulle ali della canzone (Love Me Forever) di Victor Schertzinger nel ruolo di Margaret Howard
- 1936 Desiderio di re (The King Steps Out) di Josef von Sternberg nel ruolo di Elisabetta di Baviera (Sissi)
- 1937 Amanti di domani (When You're in Love) di Robert Riskin nel ruolo di Louise Fuller
- 1937 Quando la vita è un romanzo (I'll Take Romance) di Edward H. Griffith nel ruolo di Elsa Terry
- 1939 Luisa (Louise) di Abel Gance, tratto dall'opera di Gustave Charpentier, nel ruolo di Luisa (1939)
Ammetto di non aver mai visto nemmeno uno di questi film. Vedrò di rimediare, e per oggi ringrazio l'estensore di questa voce su wikipedia.


 
 

sabato 10 marzo 2018

Gino Sinimberghi


Gino Sinimberghi (1913-1996), romano, è uno dei cantanti d'opera più presenti nel cinema italiano, sia come attore che come cantante. E' stato un tenore di buon livello, come ben racconta questa breve biografia che prendo da wikipedia.it:
Studiò canto lirico presso il Conservatorio Santa Cecilia. Nel 1936 si piazzò al secondo posto al Concorso Internazionale di Canto di Vienna; venne in seguito scritturato per un periodo di sei anni al Teatro dell'Opera di Berlino e firmò un contratto di quattro anni con la Deutsche Grammophon.
All'età di 27 anni venne chiamato a Roma dal direttore d'orchestra Tullio Serafin, che lo fece debuttare al Teatro dell'Opera ne Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Durante la lunga carriera artistica ha interpretato numerose opere in lingua italiana e tedesca, lavorando al fianco di importanti artisti, come Beniamino Gigli, Tito Gobbi, Italo Tajo, Jon Vickers, Maria Callas, Erna Berger, Rosanna Carteri, e sotto la guida di grandi direttori d'orchestra, come Paul Hindemith, Herbert von Karajan, oltre al già citato Tullio Serafin. Prese anche parte a numerosi film, in particolar modo film-opera, nei quali fu scelto, oltre che per le doti vocali, anche per la fotogenicità.
In alcuni film, Sinimberghi canta con la sua voce; più spesso è doppiato da un altro tenore, pratica abbastanza comune nel cinema italiano degli anni '40 e '50 e che riguarda anche il soprano Nelly Corradi e il baritono Afro Poli, sempre negli stessi anni e negli stessi film d'opera.

 
Nel dettaglio, sempre da wikipedia.it, questo è l'elenco dei film di Gino Sinimberghi:
- Avanti a lui tremava tutta Roma, regia di Carmine Gallone (1946) film con Anna Magnani, dove c'è una compagnia di cantanti d'opera. Con Sinimberghi recitano anche Tito Gobbi e Giulio Neri.
- L'elisir d'amore, regia di Mario Costa (1947) ha la sua voce
- Pagliacci, regia di Mario Costa (1947) non appare come attore ma è sua la voce di Beppe-Arlecchino
- La forza del destino, regia di Carmine Gallone (1949) ha la sua voce
- Il trovatore, regia di Carmine Gallone (1949) è doppiato dal tenore Antonio Salvarezza
- La favorita, regia di Cesare Barlacchi (1952) è doppiato dal tenore Piero Sardelli
- Puccini, regia di Carmine Gallone (1952) interpreta un cantante in Manon e Bohème
- La sonnambula, regia di Cesare Barlacchi (1952) interpreta il Conte, secondo www.imdb.com
- Per salvarti ho peccato, regia di Mario Costa (1953) con Pierre Cressoy e Milly Vitale; Sinimberghi è presente in voce interpretando un cantante all'Opera di Roma.
- La donna più bella del mondo, regia di Robert Z. Leonard (1955) interpreta il tenore Silvani, personaggio di fantasia, nel film con Gina Lollobrigida che prende spunto dalla vita del soprano Lina Cavalieri.
- Agguato sul mare, regia di Pino Mercanti (1955), film d'azione. Il personaggio di Sinimberghi si chiama Leonardo Sarra.
- Torna piccina mia, regia di Carlo Campogalliani (1955); il personaggio di Sinimberghi si chiama Stefano Ferri
- L'angelo delle Alpi, regia di Carlo Campogalliani (1957); Sinimberghi interpreta il banchiere Maffei
- Norma, regia di Pierre Jourdan (1974), videoregistrazione dell'opera di Bellini con protagonisti Montserrat Caballé e Jon Vickers; Sinimberghi è Flavio.





mercoledì 7 marzo 2018

Il tesoro della foresta pietrificata


Il tesoro della foresta pietrificata (1965) Regia di Emimmo Salvi. Soggetto di Emimmo Salvi (ispirato all'Anello del Nibelungo). Sceneggiatura di Luigi Tosi, Adriano Antonelli, Emimmo Salvi. Fotografia di Mario Parapetti (Eastmancolor) Musiche di Ralf Ferraro, la "cavalcata delle Valchirie" è di Richard Wagner. Maestro d'armi Pietro Ceccarelli. Interpreti: Gordon Mitchell, Ivo Payer, Luisa Rivelli, Eleonora Bianchi, Pamela Tudor, Mike Moore, Nat Rooster, Piero Doria e molti altri. Durata: 1h26'

"Il tesoro della foresta pietrificata" (1965) è un "film da oratorio" o, se si preferisce, un film da cinema di terza visione: due definizioni che oggi rischiano di rimanere oscure, visto la stato in cui è ridotto il cinema nel nuovo millennio. Funzionava così: quando i film erano su pellicola (detto en passant, "film" è la parola inglese per dire "pellicola" - giusto per ricordarsene) dal negativo venivano stampate diverse copie, che erano di numero e di costo variabile a seconda del successo e del costo di produzione. Di conseguenza, i film più costosi e quelli di maggior richiamo arrivavano solo nei cinema più attrezzati e solo nelle grandi città. Poi, pian piano, dopo le prime settimane cominciavano a passare anche nei cinema "di seconda visione", e infine nei cinema di "terza visione" e in quelli dei piccoli paesi, che comunque potevano permettersi raramente i grandi successi, ancora troppo costosi per una gestione delle sale cinematografiche di tipo familiare. Insieme al circuito del grande cinema esisteva quello del cinema a basso costo, che non sempre era sinonimo di cattiva qualità: erano a basso costo, per esempio, i film dei comici più popolari come Totò; spesso erano girati in pochi giorni, magari approfittando del set di un altro film (se ci si fa caso, molti "western all'italiana" hanno la stessa scenografia - non quelli di Sergio Leone, s'intende). Molte di queste pellicole finivano anche nel circuito dei cinema dell'oratorio (il cinema della parrocchia), che di solito sceglievano film di carattere mitologico o storico (gli antichi romani, gli Assiri, la guerra di Troia), ma sempre a basso costo. Di questo tipo di cinema fa parte anche "Il tesoro della foresta pietrificata", che è con ogni evidenza un film girato in pochi giorni e senza troppe ambizioni, con qualche attore più o meno di richiamo (Gordon Mitchell, in questo caso), ma che presenta comunque qualche motivo di interesse.
 

Il soggetto di "Il tesoro della foresta pietrificata" ha ambizioni wagneriane e ricicla temi e nomi dalla mitologia nordica, in particolare da "Die Walküre" di Richard Wagner, ma senza la minima pretesa di fedeltà. Anche la musica non è di Wagner, a parte la scelta molto banale della "cavalcata delle valchirie", messa a capocchia come quasi sempre al cinema e fuori (un'eccezione: Francis Ford Coppola in "Apocalypse now", che ne comprese bene il senso di morte).


Nel film di Emimmo Salvi, Siegmund è fratello di Brunilde, e Sieglinde è la sua fidanzata; Sieglinde ed Erika sono figlie del fido Gunnar, però Erika si mette con il cattivo Hunding, e finirà male. Hunding è capo dei vichinghi, che cercano di rubare il tesoro dei Nibelunghi nascosto da Wotan nel frassino (è un frassino?) della foresta pietrificata, dove c'è anche la Spada d'Oro. Ai nomi classici della mitologia nordica vengono aggiunto altri estranei alla vicenda, come Manfred, Gunnar, Erika. Otto, Hans, Knut o Kurt. Una specie di fumetto da pochi soldi, insomma, che conserva solo qualche spunto preso dai miti nordici e dalle opere di Richard Wagner.
 

Rimando alla lettura dei libri di Guido Manacorda (edizione Sansoni) chi non conoscesse ancora le opere di Richard Wagner; brevemente posso dire che Hunding non è vichingo, Siegmund e Sieglinde sono fratelli gemelli, la spada nel frassino si chiama Notung, i Nibelunghi non nascondono il tesoro ma viene loro rubato da Loge e Wotan, eccetera eccetera eccetera. Una cosa curiosa che si può sottolineare è il Wotan di questo film: un vecchio sacerdote con la barba, quasi un druido, un Oroveso più che un dio barbaro e guerriero.
 

Le Valchirie, tutte molto belle e molto abili come cavallerizze, vengono presentate come gli elfi dei film recenti tratti da Tolkien, pronte a intervenire per mutare le sorti della battaglia, o meglio come crocerossine però in nero (elegantissime) e a cavallo. Le si vede in questa sequenza mentre portano via il cadavere del fido Manfred, fedeli in questo (e solo in questo) al loro mandato originario: portare gli eroi morti nel Walhalla.
 
 
 
Il film ha una buona tecnica fotografica, bella la fotografia di Mario Parapetti, non banali scene e costumi; abbastanza epica la battaglia con gli scudi e le macchine da guerra. La recitazione è spesso dilettantesca, però c'è buona volontà e tutto funziona abbastanza bene. Il regista Emimmo Salvi, romano, ha diretto una decina di film "da oratorio", tutti più che dimenticati.
 

Gli attori: Gordon Mitchell, qui dal volto scavato e quasi spettrale, è un attore e culturista che girò un discreto numero di film mitologici e western in quegli anni. Ivo Payer è Siegmund, Luisa Rivelli ed Eleonora Bianchi sono le sorelle Erika e Sieglinde; la Rivelli (Erika) in seguito divenne una presentatrice televisiva in trasmissioni culturali della Rai. Pamela Tudor è la valchiria Brunilde, una scelta perfetta. Mike Moore (che all'anagrafe si chiamava Amedeo Trilli) è Gunnar, padre di Erika e Sieglinde e fedelissimo di Siegmund; nel trucco ricorda molto i personaggi dei "Nibelunghi" nel film del 1922 di Fritz Lang. Piero Doria interpreta quel poco che resta nella sceneggiatura dei Nibelunghi del mito, non un Alberich né un Mime ma più semplicemente uno dei tanti servi e scudieri di Siegmund.


La "Cavalcata delle valchirie" è nell'esecuzione diretta da Eduard Lindenberg con l'orchestra della Societé des Concerts du Conservatoire, un'edizione discografica della Ricordi per la serie "I classici della musica classica".



 

giovedì 1 marzo 2018

Il Trovatore (1949)

 
Il Trovatore (1949) Regia di Carmine Gallone. Tratto dall'opera di Giuseppe Verdi. Adattamento e sceneggiatura di Carmine Gallone, Mario Corsi, Tullio Covaz, Ottavio Poggi. Fotografia di Aldo Giordani. Costumi di Dario Cecchi. Scenografia di Gastone Medin. Coreografia: non indicato. Maestro d'armi: Enzo Musumeci Greco. Interpreti: Gino Sinimberghi (voce di Antonio Salvarezza), Vittorina Colonnello (voce di Franca Sacchi), Enzo Mascherini, Gianna Pederzini, Cesare Polacco (voce nel canto di Enrico Formichi), Enrico Formichi (Ruiz), Leonora Amaya (zingarella), Giuseppe Varni (vecchio Conte di Luna), Raimondo van Riel (vecchio zingaro). Orchestra e coro Opera di Roma, direttore Gabriele Santini; maestro sostituto Gino Marinuzzi jr. Durata 95 minuti circa.
 
"Il Trovatore" nella riduzione cinematografica di Carmine Gallone (1949, bianco e nero) è un buon lavoro di cinema, con un cast vocale degno di nota in ogni ruolo in cui spiccano i nomi di Gianna Pederzini (storica interprete di Azucena in teatro) e del baritono Enzo Mascherini, ricordato oggi per il suo Macbeth a fianco di Maria Callas.
Non tutti gli attori che vediamo sullo schermo cantano con la loro voce: Gianna Pederzini ed Enzo Mascherini interpretano i personaggi sullo schermo e conservano la loro voce; invece Gino Sinimberghi, pur essendo tenore in carriera, è doppiato da Antonio Salvarezza nelle parti cantate e da Gualtiero de Angelis nelle (poche) parti dove bisogna recitare. Non ho notizie precise su Vittorina Colonnello, che è una Leonora più che credibile e che ha la voce del soprano Franca Sacchi. Si tratta dell'unico film interpretato da questa attrice.
Più complicato spiegare bene cosa succede con il resto del cast: il capo degli armigeri Ferrando è interpretato dall'attore Cesare Polacco con la voce (nelle parti cantate) di Enrico Formichi; lo stesso Enrico Formichi interpreta come attore il ruolo di Ruiz, ma essendo Ruiz una parte di tenore deve essere a sua volta doppiato nelle parti cantate. Nei titoli di testa non sono indicati i cantanti per i ruoli di Ines e di Ruiz; la direzione d'orchestra è di Gabriele Santini con i complessi del teatro dell'Opera di Roma. La ballerina che vediamo nella scene degli zingari è Leonora Amaya. Tutti sono doppiati nelle parti recitate, con l'eccezione di Cesare Polacco che conserva la sua voce d'attore celebre e inconfondibile, e che nel canto ha la voce del basso Enrico Formichi.
Il film inizia con questa premessa scritta:
« Lo scrittore spagnolo Antonio Garcia Gutierrez, ispirandosi a una cronaca del XV secolo, scrisse il poema drammatico El Trovador dal quale Salvatore Cammarano trasse il libretto per l'opera di Giuseppe Verdi. Gli sceneggiatori di questo film, per ampliare la vicenda e darle forma cinematografica, hanno anche attinto all'opera originale del Gutierrez e alle cronache del tempo.»
Gli sceneggiatori fanno un buon lavoro, e traggono molte cose inedite dal romanzo di Gutierrez, affidando il racconto di ciò che succede a una voce recitante fuori campo. Il risultato è che l'opera di Verdi vera e propria inizia solo dopo un quarto d'ora, e possiamo conoscere antefatti e particolari che nell'opera sono solo raccontati dal coro, e in modo piuttosto sbrigativo. Non che questo sia un male, Cammarano fece un ottimo lavoro e il libro originale di Gutierrez non è un capolavoro; penso che in Italia sia tuttora inedito, almeno in tempi recenti. Gli sceneggiatori del film sono con ogni probabilità da annoverare tra i pochissimi che (almeno in Italia) sono riusciti a leggere "El Trovador" di Antonio Garcia Gutierrez.

Nel dettaglio, si parte dal rogo della madre di Azucena, presenti il vecchio Conte di Luna (padre del baritono che ascoltiamo nell'opera di Verdi) e un Ferrando ancora giovane. Poi c'è il rapimento e vediamo Manrico e il figlio di Azucena da bambini, compresa la scena tragica del fatale errore; e conosciamo la giovane zingara innamorata di Manrico, prima della sua partenza. Sulla strada, a cavallo, Manrico soccorre una carrozza assalita da aggressori non ben identificati: si tratta del primo incontro con Leonora. Uno degli aggressori, subito soccorso dal generoso Manrico, farà amicizia con il giovane trovatore e lo convertirà alla causa di Urgel: il Conte di Luna sta con gli Aragona, Urgel è il rivale nella guerra civile che divide la Spagna in quel periodo. Urgel è citato anche nel libretto di Cammarano, sia pure di sfuggita ("d'Urgel seguace, a morte ei corre").


Nel film di Gallone vediamo per esteso anche il torneo che fa reincontrare Leonora e Manrico, e che scatena la gelosia del Conte. Ci sono molte scene in esterni, compresa la battaglia fra Urgel e Aragona dove viene ferito Manrico, poi soccorso da Azucena sul campo di battaglia. La musica che accompagna la battaglia è un arrangiamento del coro degli armigeri "Or coi dadi". L'inizio e la fine del film sono però in teatro, con il sipario che si apre e si chiude. I costumisti si sono presi la briga di ricostruire lo scudo con lo stemma di Manrico, ispirato da un accenno presente nel libretto: lo scudo è quello vinto nel torneo e donatogli da Leonora, sul quale "Manrico il Trovatore" (così si presenta nel film) farà incidere il disegno di una fiamma ardente.

Le voci sono tutte buone o discrete, e in teatro un cast come questo darebbe una buona resa; più difficile parlare della direzione, perché nel sonoro cinematografico l'orchestra è sempre relegata come sottofondo. Gabriele Santini era comunque uno dei migliori direttori disponibili in quel periodo. Nei titoli di testa compare il nome di Gino Marinuzzi: si tratta del figlio (omonimo) del Gino Marinuzzi che fu tra i più grandi direttori d'orchestra del Novecento. Compositore e didatta, Gino Marinuzzi jr ebbe infatti per diversi anni l'incarico di maestro sostituto all'Opera di Roma.