mercoledì 16 agosto 2017

Terra nostra


 
Terra nostra (1999-2000) Telefilm brasiliani, scritti da Benedicto Ruy Barbosa. Registi nella prima serie: Jayme Monjardim, Carlos Magalhaes, Marcelo Travesso. Musiche di Verdi, Puccini, Tosti, Mascagni, e altri (in vari arrangiamenti). Interpreti: Ana Paula Arosio, Thiago Lacerda, Antonio Fagundes, Angela Vieira, Carolina Kasting, Paloma Duarte, Raul Cortez, e molti altri.
221 puntate di 60' minuti l'una
Terra nostra 2 (2002-2003). Telefilm brasiliani, scritti da Benedicto Ruy Barbosa. Registi vari. Musiche di Verdi, Puccini, Tosti, Mascagni, Chopin, e altri (in vari arrangiamenti). Interpreti: Ana Paula Arosio, Reynaldo Gianecchini, Priscilla Fantin, Fernanda Montenegro, Antonio Fagundes, Maria Fernanda Candido, Nuno Lopes, Gabriela Duarte, Raul Cortez, e molti altri.
209 puntate di 60' l'una.
 
"Terra nostra" è una serie di telefilm della tv brasiliana, una produzione ben fatta e non banale nella scelta del soggetto, con molti motivi di interesse al di là della storia in sè; seguendola si finisce con l'imparare anche un po' di storia, la nostra di europei e quella del Brasile. Il soggetto principale è infatti la storia stessa del Brasile fra '800 e '900, l'immigrazione italiana, la fine dello schiavismo, la grande crisi del caffè (cali di prezzo, speculazioni), la novità del caucciù a Manaus, i primi moti politici, gli anarchici e i socialisti. Si parte dal 1888, con l'arrivo di una nave di immigrati italiani: e anche questo, le navi di immigrati che arrivano quasi sempre in condizioni più che precarie, è un più che possibile aggancio con la nostra attualità di oggi (un aggancio che nel 1999 era probabilmente poco ipotizzabile). La seconda serie, che non è direttamente collegata alla prima, è ambientata negli anni 1920-1930; si comincia dal 1931 con le preoccupazioni per le dittature europee e i pericoli del nazifascismo anche in Brasile. Tutto questo viene raccontato attraverso le storie personali dei protagonisti, storie d'amore e di denaro, di schiavi neri e di anarchici italiani, di ebrei brasiliani (la protagonista della seconda serie è figlia di un mercante di stoffe ebreo), e altro ancora. Il tutto nello stile delle telenovelas sudamericane ma con un'ottima mano nella scelta degli attori, bei costumi e bella ricostruzione d'interni anche con pochi mezzi. La ricostruzione storica è molto ben fatta, ed è facile pensare che il modello di riferimento sia stato "Novecento" di Bertolucci.

Detto il bene che bisognava dire di "Terra nostra", va però anche aggiunto che non sempre il risultato è di alto livello, c'è qualche sciatteria qua e là, soprattutto in fase di scrittura: non tanto nella parte storica quanto nei dialoghi e nelle situazioni private dei personaggi. E' comunque una telenovela, per quanto ben curata il livello medio è quello di tante "serie tv", cioè piuttosto basso.
L'autore è per entrambe le serie Benedicto Ruy Barbosa; ci sono tre registi nella prima serie: Jayme Monjardim, Carlos Magalhaes, Marcelo Travesso; nella seconda parte si alternano diversi registi. Gli attori: Ana Paula Arosio è la bellissima Giuliana, Thiago Lacerda è il suo innamorato, bravi e simpatici tutti gli altri.

Il motivo per cui parlo qui di "Terra nostra" (che ho guardato per mesi all'ora di cena, con mia mamma, in una replica Rai) è la presenza di molta musica operistica nella colonna sonora; il che sarebbe anche un'ottima cosa ma gli arrangiamenti sono bruttini e le musiche sono inserite un po' a capocchia, senza il minimo raccordo con ciò che esse significano; e vengono mischiate a canzoni usate altrettanto a capocchia, per esempio gli attori dicono di essere siciliani e scatta "Funiculì funicolà" o "Torna a Surriento" (che siciliane non sono...). L'arrangiamento delle musiche rovina brani come "Va pensiero" (Verdi, Nabucco), "E lucevan le stelle" (Puccini, Tosca), l'inizio del terzo quadro della Bohème (sempre Puccini), il tutto senza che nei titoli di testa o di coda sia mai indicato il nome dei veri autori di musiche così belle. Ci sono anche le romanze di Tosti, c'è Mascagni con "inneggiamo il Signor non è morto" (da "Cavalleria rusticana", usato a sproposito anche questo). Nella seconda serie ad essere maltrattato è soprattutto Chopin, per la presenza fra i protagonisti di "un famoso concertista italiano" (che cerca in Brasile il figlio, fuggito dal fascismo); si ascoltano canzoni portoghesi, yiddish, e italiane; c'è un tizio che canta spingendo la voce verso la gola, e che forse si vorrebbe far passare per aspirante tenore o baritono (ma la voce va fatta uscire, non si canta mandando la voce nello stomaco...). Comunque sia, le vie del Signore sono infinite e spero che anche una telenovela possa servire per far conoscere la grande musica: con i tempi che corrono, per le nuove generazioni purtroppo non è più possibile, come è capitato a me, incontrare uno Stanley Kubrick che apra gli occhi (e le orecchie) alla conoscenza dei grandi autori.


A livello personale, dopo tanti anni di frequentazione di teatri e sale da concerto, "Terra nostra" mi è servito per mettere a fuoco la musica di Francesco Paolo Tosti (1856-1914), che avevo sempre sottovalutato. Tosti è sempre presente nei recital di canto dei più grandi cantanti d'opera, un motivo ci doveva pur essere ma io non lo avevo mai trovato; così, fra una storpiatura-tormentone di "Va' pensiero" o di "E lucean le stelle", ecco spuntare anche il tormentone di "le vaghe sembianze ketchay", ovvero "Malìa" di Tosti, arrangiata in modo leggero e per voce femminile, peraltro non sgradevole. Una breve ricerca su internet mi permette di trovare molte belle o magnifiche versioni di quest'aria da camera, da Kraus a Pertile a Bergonzi a Pavarotti (eccetera), che le rendono finalmente giustizia. "Malìa" è datata 1887, il testo è di Rocco Emanuele Pagliara, che mi lascia perplesso per quel "le vaghe sembianze checciài" che si poteva evitare facilmente ("le vaghe sembianze che hai", o simile: funziona allo stesso modo). Sublime testo, quello del Pagliara: una specie di primo atto del Tristano, "ninfa o fata tu sei?". Mi hai forse avvelenato con quell'arcano filtro, o è soltanto Amore? In ogni caso, è un testo riservato alle bionde. More, rosse e brune se ne facciano una ragione.

Cosa c'era ne 'l fior che m'hai dato?
forse un filtro, un arcano poter?
Nel toccarlo, il mio core ha tremato,
m'ha l'olezzo turbato il pensier.
Ne le vaghe movenze, che ci hai?
Un incanto vien forse con te?
Freme l'aria per dove tu vai,
spunta un fiore ove passa 'l tuo piè.
Io non chiedo qual plaga beata
fino adesso soggiorno ti fu:
non ti chiedo se Ninfa, se Fata,
se una bionda parvenza sei tu!
Ma che c'è nel tuo sguardo fatale?
Cosa ci hai nel tuo magico dir?
Se mi guardi, un'ebbrezza m'assale,
Se mi parli, mi sento morir!
(Malìa, di Francesco Paolo Tosti; versi di Rocco Emanuele Pagliara)



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