venerdì 30 giugno 2017

Amata immortale (1994)


 
Amata immortale (Immortal beloved, 1994). Scritto e diretto da Bernard Rose. Fotografia di Peter Suschitzky. Musiche di Ludwig van Beethoven. Interpreti: Gary Oldman, Jeroen Krabbé, Isabella Rossellini, Valeria Golino, Johanna ter Steege, Marco Hofschneider, Luigi Diberti, e altri. Durata: due ore.
 
"Amata immortale" è un film di fantasia sulla vita di Ludwig van Beethoven, uscito nel 1994, scritto e diretto da Bernard Rose. Si parte da Anton Schindler, amico e assistente di Beethoven, che dopo la morte del compositore trova una lettera tra le sue carte, un nuovo testamento a tutti gli effetti, che però non porta il nome della destinataria. C'è scritto solamente, oltre alle volontà del defunto, "all'amata immortale". Il regista Bernard Rose immagina quindi che Anton Schindler vada alla ricerca di questa donna, contrastato dal fratello di Beethoven che vorrebbe per sè l'eredità. Tutto questo va considerato come una fantasia, in quanto le notizie certe sulla vita privata di Beethoven sono pochissime. Beethoven era molto riservato, e questo è quasi tutto quello che sappiamo della sua vita e della sua personalità, a parte i "Quaderni di conversazione" scritti per comunicare con le persone che venivano a trovarlo quando fu afflitto dalla sordità.

La storia della lettera "testamento" è così ricostruita da www.wikipedia.it:
In seguito alla morte di Beethoven, tra le sue carte fu rinvenuta una lettera in tre parti indirizzata a una donna definita "amata immortale" dal compositore. Scritta nell'estate del 1812 nella cittadina termale di Teplitz, la lettera ha dato origine a un vivace dibattito e a numerose speculazioni sulla sua identità tra numerosi studiosi e scrittori. Nel tempo, sono state proposte diverse candidate, tra le quali si annoverano Giulietta Guicciardi e Anna-Marie Erdödy, che fanno la loro comparsa nella pellicola, le sorelle Thérèse e Josephine von Brunsvik e, infine, Antonie Brentano.
Il regista e sceneggiatore del film, Bernard Rose, ha dichiarato di aver identificato con successo l'amata immortale in Johanna Reiss, avanzando quindi una teoria inedita nell'ambito degli studi su Beethoven. Di conseguenza, il film sottintende che Karl, il nipote di Beethoven, fosse in realtà il figlio illegittimo. Secondo lo studioso Maynard Solomon, invece, l'amata immortale sarebbe Antonie Brentano, la cui figura è totalmente assente nella pellicola.

 
Meno brutto del più recente film su Paganini dello stesso Bernard Rose (che ha il sobrio e originalissimo titolo "Il violinista del diavolo", altro parto di pura fantasia), "Amata immortale" mi sembra comunque un esercizio abbastanza inutile, oltretutto senza reali appoggi alla verità storica. Anche l'ipotizzare che il nipote Karl fosse suo figlio, figlio di Ludwig e della cognata, è un esercizio decisamente sterile, una pura supposizione che non porta a niente di utile né di interessante. Di utile e interessante, in Beethoven, c'è la musica: piuttosto che concentrarsi su ipotesi e pettegolezzi sulla sua vita privata, sarebbe meglio ascoltare e riascoltare gli ultimi Quartetti, le Sonate per pianoforte, il Fidelio, ce n'è per tutta una vita. Dal punto di vista cinematografico, sarebbe invece bello (invece dei soliti luoghi comuni) ripercorrere gli anni del Beethoven più giovane: l'incontro con Haydn, le musiche per il teatro, ci sarebbe tanto da scrivere e anche da immaginare, senza cadere nelle fantasie più o meno lecite sulla sua vita privata. Di tutto questo, degli amori e della vita privata di Beethoven, o della dedica a Napoleone poi cancellata, confesso che non so che cosa farmene; per un commento più preciso, dico che preferisco rileggermi i Peanuts di Charles Schulz. Sono più divertenti dei film di Bernard Rose, e direi che l'espressione di Charlie Brown davanti alle ipotesi sugli amori di Beethoven è anche la mia.

Gli attori: Gary Oldman, reduce dal "Dracula" di Francis Ford Coppola (del 1992) è Beethoven; Jeroen Krabbé è Anton Schindler. Isabella Rossellini è Anna-Marie Erdödy, Valeria Golino è Giulietta Guicciardi, Luigi Diberti è Guicciardi, poi tutti gli altri. Per chi volesse farsene un'idea, magari diversa dalla mia, il film è attualmente visibile su youtube, in italiano.






giovedì 29 giugno 2017

Solo per te (Beniamino Gigli)


Solo per te (Mutterlied, 1937) Regia di Carmine Gallone. Scritto da Aldo De Benedetti, Leonhard Fürst, Bernd Hofmann, Philipp Lothar Mayring, J. Raffay, E.G. Techow, Thea von Harbou. Fotografia di Georg Bruckbauer e Massimo Terzano. Musiche di Boito, Giordano, Verdi. Canzoni di Bixio, de Curtis, Melichar. Interpreti: Beniamino Gigli, Maria Cebotari, Hans Moser, Michael Bohnen, Peter Bosse, Hilde Hildebrand, e altri Durata: 90 minuti

"Solo per te", film di Beniamino Gigli con regia di Carmine Gallone, è del 1937 ed è stato girato due volte, in italiano e in tedesco; la versione tedesca si chiama "Mutterlied". Con il grande tenore italiano recita un'altra cantante d'opera, Maria Cebotari; nata a Chisinau nel 1910, è stata famosa come interprete di Mozart e Richard Strauss.
Tra gli autori del film (una lista davvero lunga, che fa pensare a molti rimaneggiamenti) spicca il nome di Thea von Harbou, scrittrice e sceneggiatrice che fu moglie di Fritz Lang e con Lang scrisse alcuni dei capolavori del cinema tedesco, come "Metropolis" e "Il dottor Mabuse"; la coppia si divise con l'arrivo del nazismo, Lang ricevette proposte importanti da Goebbels ma non ne volle sapere e si rifugiò in America, Thea von Harbou invece accettò le proposte naziste. In effetti nel film c'è qualche sequenza che può far pensare a Fritz Lang: per esempio, nel finale, il sogno con febbre alta della protagonista. Purtroppo però il risultato è scarso, "Solo per te / Mutterlied" è un film bruttino, la storia è di quelle da fotoromanzo strappalacrime, ma davvero mal raccontata. Il bambino protagonista è petulante, Gigli appare goffo come padre che gioca col bambino. Perfino le riprese in teatro, che sarebbero belle, sono state tagliate in fase di montaggio e rimescolate con dialoghi, e questo è davvero un peccato molto grave. Il film inizia con il Mefistofele di Boito, ed è sempre un miracolo riascoltare Gigli in "Giunto sul passo estremo" , un'aria molto difficile ma che lui canta come se fosse semplicissima e spontanea: Gigli appare in scena con lunga barba bianca e capelli bianchi (è Faust da vecchio), poi lo vediamo togliersi il trucco nel camerino. Più avanti "Andrea Chenier" di Giordano, "Un ballo in maschera" di Verdi, un Agnus Dei che non ho riconosciuto. e canzoni. Maria Cebotari canta canzoni in tedesco, non direi memorabili, ed è deludente nel "Ballo in maschera" accanto a Gigli. Sono scene lunghe e sarebbero ben realizzate, con bei movimenti di macchina; purtroppo il montaggio rovina tutto con primi piani che ridicolizzano Gigli, dialoghi che coprono la musica, etc. Il doppiaggio è quello del 1938, nel cast c'è Hans Moser, attore comico molto popolare nell'area di lingua tedesca ma poco conosciuto all'estero; il baritono cattivo è interpretato da Michael Bohnen.



lunedì 26 giugno 2017

Canto, ma sottovoce

 
Canto ma sottovoce (1945) Regia di Guido Brignone. Scritto da Cesare Zavattini, Diego Fabbri, Mario Duse, Nino Novarese. Fotografia di Mario Albertelli. Musiche di Bixio, Max Reger, canzoni napoletane. Interpreti: Francesco Albanese, Paolo Stoppa, Ave Ninchi, Mariella Lotti, Guglielmo Barnabò, Gina Sammarco, Dina Sassoli, e altri. Durata: 85 minuti

"Canto, ma sottovoce" è un film del primissimo dopoguerra, regia di Guido Brignone, scritto fra tanti altri anche da Zavattini e da Diego Fabbri; ne è protagonista il tenore napoletano Francesco Albanese, protagonista di registrazioni importanti in quegli anni come "La Traviata" del 1953, direttore Gabriele Santini, al fianco di Maria Callas. Albanese recita bene anche se il fisico non lo aiuta molto, ricorda un po' le foto di Enrico Caruso (non lo ricorda però nella voce).
La musica del film non è particolarmente memorabile, ci sono canzoni di Bixio e canzoni napoletane più o meno interessanti; però c'è anche una ninna nanna di Max Reger (o "da" Max Reger?) anch'essa in un'esecuzione non memorabile. Il soggetto, migliore di tanti altri, è su una famiglia di ricchi industriali milanesi che si mette in viaggio pensando di sfuggire alla guerra ma vi si trova sempre più invischiata, spostandosi dal Nord verso Roma e poi verso Salerno, dove però arrivano finalmente gli americani. Su questo percorso è inserita la storia secondaria di una giovane donna che cerca il figlio tra gli sfollati; Albanese è un sommergibilista che viene assunto come autista dal ricco industriale (Lantieri, che fa rima con Paglieri: borotalco, cosmetici) e finirà con lo sposarne la figlia. Nel cast molti attori di notevole livello, in primo luogo Paolo Stoppa e Ave Ninchi, e sullo sfondo le rovine autentiche e recenti della guerra. Il film è del 1945, Ave Ninchi era del 1914 e questo è il suo secondo film (qui è cameriera e cuoca della famiglia); Mariella Lotti è la ricca e bella figlia dell'industriale, Dina Sassoli è la giovane che cerca suo figlio tra gli sfollati. Guglielmo Barnabò e Gina Sammarco sono i due ricconi marito e moglie, Paolo Stoppa è il figlio maggiore della coppia (un po' troppo in ombra, peccato). Divertente la gag delle galline che beccano granoturco e il rumore viene scambiato per segnali Morse; è una gag che verrà ripresa nel film Disney su "Viaggio al centro della Terra" (dove a beccare il granturco sulla porta di legno è un'oca) ("b - erre, b - erre, BRRR", legge Paolo Stoppa, che non ci si raccapezza). «Maledetta la guerra», dicono all'inizio del film i personaggi, uscendo da un rifugio. In realtà dovrebbero dire "maledetto il duce", ma non succede mai, potenza della propaganda. Non succede nemmeno oggi, eppure la situazione è chiarissima e questo è il periodo più documentato di tutta la Storia; il fascismo perse tutte le guerre ancora prima di cominciarle, su tutti i fronti. La stessa cosa, viene da pensare, succede oggi con "la crisi", mai che si capisca che ci sono dietro responsabilità di persone precise. Ancora oggi c'è chi magnifica Craxi, per esempio, ma è proprio sotto il governo Craxi e quello di De Mita, negli anni '80, che inizia ad aprirsi la spaventosa voragine del debito pubblico, quella che stiamo pagando duramente. Eccetera, ma tutto questo non ha più a che vedere con il film, e quindi mi fermo: "Canto ma sottovoce" è ancora un film piacevole, nonostante tutto, al quale si può dedicare un po' del nostro tempo.
(dicembre 2012)

sabato 24 giugno 2017

Carnegie Hall (1947)


 
Carnegie Hall (Sinfonie eterne, 1947) Regia di Edward G. Ulmer. Scritto da Seena Owen e Karl Kamb. Musiche di Verdi, Wagner, Mozart, Ciaikovskij, Beethoven, Bizet, Saint Saens, de Falla, Delibes, Chopin, e altri. Fotografia di William Miller (bianco e nero). Durata: 2 ore e 15 minuti
Interpreti / Musicisti: Bruno Walter, Lily Pons, Gregor Piatigorsky, Risë Stevens, Artur Rodzinski, Artur Rubinstein, Jan Peerce, Ezio Pinza, Jascha Heifetz, Fritz Reiner, Leopold Stokowski, Harry James, Walter Damrosch, New York Philharmonic Quintette (John Corigliano Sr., Leonard Rose, Michael Rosenker, William Lincer, Nadia Reisenberg),
Interpreti / Attori: Marsha Hunt (Nora Ryan), Hans Jaray (Tony Salerno Sr.) ,William Prince (Tony Salerno Jr.), Frank McHugh (John Donovan), Martha O'Driscoll (Ruth Haines), Olin Downes (se stesso), Joseph Buloff (Anton Tribik), Emile Boreo (Henry), Vaughn Monroe (se stesso), Alfonso D'Artega (Ciaikovski), Harold Dyrenforth (Walter Damrosch 1891-1909), Eole Galli (Katinka), Danny Desmond (ragazzo dell'ascensore) Bert Freed (macchinista), Claire Gagnier (cantante) Cloris Leachman (ballerina nel night), Franklyn Lenthall, Barbara Woodell (Nellie), Wolfgang Zilzer (un cameriere).

"Carnegie Hall" (Sinfonie eterne, in Italia) è un film celebrativo sull'omonima sala da concerto di New York, datato 1947. Ha molti motivi di interesse, primo fra tutti la presenza di musicisti di importanza storica, ripresi in concerto.
La Carnegie Hall fu inaugurata nel 1890 dall'imprenditore e filantropo Andrew Carnegie, scozzese di origine. Non ha mai avuto una sua orchestra stabile, ma è comunque stata la sede della New York Philharmonic dalla fondazione fino al 1962. Oggi è divisa in tre sale, una grande intitolata a Isaac Stern e due più piccole, "Zenkel Hall" e "Weill Recital Hall".
A fare da filo conduttore, e a legare insieme i tanti ospiti, è la storia di Nora (interpretata da Marsha Hunt), che da bambina, figlia di uno dei custodi del teatro, assiste a un concerto diretto da Ciaikovskij; in seguito, da ragazza, Nora sarà un'inserviente del teatro e in questa sua veste conoscerà e sposerà un giovane e promettente pianista, che si rivelerà però persona inaffidabile. Rimasta vedova, Nora si dedica al figlio avuto dallo sfortunato matrimonio e grazie all'aiuto dell'amico John Donovan (impiegato del teatro, altro personaggio di fantasia) diventerà una figura importante all'interno del teatro. Il marito pianista è stato chiamato Tony Salerno, e lo stesso nome avrà il figlio, anche lui pianista. Dato che il figlio di Nora si dedicherà allo swing e alla musica leggera, per poi entrare alla Carnegie Hall come compositore, è facile pensare che questo personaggio sia stato ispirato a George Gershwin, scomparso dieci anni prima nel 1937. E' anche facile pensare che questo figlio ribelle che lascia la Carnegie Hall per diventare "entertainer" sia una concessione a quella parte di pubblico che andava comunque al cinema ma che non amava "la classica". Una specie di conformismo insomma, travestito da anticonformismo e da "ricerca delle novità": oggi probabilmente gli sceneggiatori farebbero di Tony Salerno jr un rapper tatuato. Forse è stato questo personaggio a ispirare Renzo Arbore, chissà; sta di fatto che oggi la situazione è cambiata a tal punto che nei Conservatori e nelle scuole di musica jazz e swing sono tutt'altro che rari e a diventare sempre più rari sono invece quelli che studiano Bach, il contrappunto e la Storia della Musica. E' da sottolineare il consiglio che Artur Rubinstein dà al giovane pianista: che si eserciti molto, "Bach, Bach, e ancora Bach". Nel film il giovane seguirà tutt'altra strada, sceglie una via più facile che lo porta subito al successo; è umanamente comprensibile, ma io se avessi avuto quel talento avrei sicuramente seguito il consiglio di Rubinstein: non c'è niente di più bello che suonare la musica di Johann Sebastian Bach. Lo swing dopo un po' stufa, con Bach e con i grandi contrappuntisti è sempre musica nuova.
Detto questo, il film è disponibile per intero su youtube e quindi la cosa più sensata da fare è mettere qui una specie di indice, una scaletta con i minuti precisi per ogni esecutore, così ognuno potrà andare direttamente al momento che sta cercando.


Si parte dal 1913 con l'incontro fra Nora e il pianista (chiamato Tony Salerno, l'attore è Hans Jaray); la ragazza ricorda di aver assistito, bambina, al concerto diretto nel 1891 alla Carnegie Hall da Ciaikovskij in persona (interpretato da un attore); ne vediamo la ricostruzione storica. Ad accogliere la bambina Nora nel 1891 c'è Walter Damrosch, direttore stabile della Carnegie Hall: in queste sequenze di fine Ottocento e inizio Novecento Damrosch è interpretato da un attore, in seguito vedremo lo stesso Damrosch, in persona. Negli anni '30 Walter Damrosch diresse le prime esecuzioni assolute di famosi concerti di Gershwin, sempre alla Carnegie Hall.
Nora e Tony vengono ospitati da un timpanista dell'orchestra (è un attore, Joseph Bulok; il personaggio si chiama Tribik), poi si sposano con le note di Mendelssohn. Nel 1915 nasce il loro bambino, al minuto 33 il marito di Nora muore cadendo dalle scale, ubriaco.
Bruno Walter appare al minuto 36, con l'ouverture dai "Maestri Cantori" di Wagner.
Lily Pons, sopranino d'agilità e diva famosa anche al cinema, è al minuto 42 con la "Lakmé" di Delibes e con "Vocalise" di Rachmaninoff.

 
Gregor Piatigorsky, violoncellista, è al minuto 48; suona il cigno dal "Carnevale degli Animali" di Saint Saens, accompagnato da sei arpiste.
Al minuto 53 è il turno di Risë Stevens, grande mezzosoprano, che interpreta un'aria dalla Carmen di Bizet e una da "Samson et Dalila" di Saint Saens.
Al minuto 55 Artur Rodzinski dirige il finale della Quinta Sinfonia di Beethoven (non l'inizio, il finale).
Al minuto 60 c'è la parte sicuramente più spettacolare di tutto il film, e forse di tutti i filmati di musica pianistica: Artur Rubinstein che suona prima Chopin e poi (minuto 65) la danza del fuoco da "L'amore stregone" di Manuel de Falla. Un'interpretazione davvero da non perdere, ne esiste una registrazione filmata (il bis di un concerto) praticamente identica in una registrazione Rai del 1968.
All'uscita, Rubinstein firma il programma di sala per il giovane pianista Tony, figlio di Nora, e detta il seguente consiglio: "Tell him to practice hard: Bach, Bach and Bach"

Siamo arrivati alla metà del film, e vediamo Walter Damrosch nella parte di se stesso, in dialogo con Nora (Marsha Hunt). Vediamo anche il giovane Tony che folleggia per il teatro, amico di tutti i grandi musicisti che lo conoscono fin da bambino; a una lezione di canto tenuta da Jan Peerce conosce la ragazza che sposerà (l'attrice è Martha O'Driscoll, il personaggio di fantasia si chiama Ruth Haines).
A 1h 13' cè dunque Jan Peerce, grande tenore e fedelissimo di Toscanini, che canta inaspettamente 'O sole mio.


A 1h18' c'è il grande basso Ezio Pinza, che recita tutta una scenetta sul costume per il Don Giovanni (non gli piace quel costume), poi dà i soldi a Tony per portare la ragazza a cena quella sera (con pacca sulla spalla e strizzatina d'occhio) e intanto canta due arie: l'entrata di Fiesco nel prologo del Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi, e "Finché han del vino" dal Don Giovanni di Mozart.
Qui si decide il destino del giovane Tony, perché la sera al ristorante incontrerà un cantante di musica leggera allora famoso e oggi dimenticatissimo, di nome Vaughn Monroe. Vaughn Monroe lo trova bravo e gli propone di entrare nel suo gruppo, e Tony accetta con grande delusione della mamma.
Torniamo alla Carnegie Hall, e a 1h38 c'è Jascha Heifetz, diretto da Fritz Reiner, nel Concerto per violino di Ciaikovskij.


A 1h53 vediamo un magnifico grammofono da mobile, con il quale mamma Nora ascolta il disco di swing del figlio, campione di vendite. Nora è triste, non voleva un figlio "entertainer"; ma l'amico John Donovan la riporta in teatro con una scusa.
Siamo verso la fine del film, e a 2h02' Leopold Stokowski dirige la Quinta Sinfonia di Ciaikovskij; alla fine del brano, è lo stesso Stokowski che introduce "un giovane compositore americano". Et voilà, è proprio Tony che suona il suo brano swing alla Carnegie Hall, con il trombettista Harry James. La mamma Nora si commuove, Tony si riappacifica con la moglie, lieto fine per tutti.

 
Il film nel complesso non dispiace,il regista Edward G. Ulmer è un ottimo professionista, Marsha Hunt è molto brava e anche gli altri attori se la cavano bene, ma non è certo nella trama e nella cornice l'interesse per questo film. Che, invece, ha una sua notevole importanza documentaria; ed è per questo che lo si continua a vedere ancora oggi.
Questo è l'elenco completo delle musiche, preso da www.imdb.com
- Richard Wagner: Preludio da "Die Meistersinger von Nürnberg" (New York Philharmonic, dir. Bruno Walter)
- Léo Delibes , da "Lakmé" : "Ah !... Par les dieux inspirés... Où va la jeune indoue" e "Air des clochettes" (Lily Pons, soprano)
- Sergei Rachmaninoff, "Vocalise" (Lily Pons, soprano)
- Camille Saint-Saëns: il Cigno da "Carnevale degli Animali" (Gregor Piatigorsky, violoncello).
- Georges Bizet, da "Carmen": Séguedille (Risë Stevens, mezzosoprano)
- Camille Saint-Saëns, da "Samson et Dalila": Mon coeur s'ouvre à ta voix (Risë Stevens, mezzosoprano)
- Ludwig van Beethoven, finale della Sinfonia n.5 (New York Philharmonic, dir. Artur Rodzinski)
- Frédéric Chopin, Heroic Polonaise, in A-flat (Artur Rubinstein, pianoforte)
- Manuel de Falla, danza del fuoco da "L'amore stregone" (Artur Rubinstein, pianoforte)
- Giuseppe Verdi, da "Simon Boccanegra": Il lacerato spirito (Ezio Pinza, basso)
- Wolfgang Amadeus Mozart, da "Don Giovanni": Fin che han dal vino (Ezio Pinza, basso)
- Pyotr Ilyich Ciaikovsky, Concerto per violino: primo movimento (Jascha Heifetz, violino; New York Philharmonic dir. Fritz Reiner)
- Pyotr Ilyich Ciaikovsky, Sinfonia n.5, secondo movimento (New York Philharmonic dir. Leopold Stokowski).
Sul versante leggero:
- 'O sole mio (Eduardo Di Capua), tenore Jan Peerce
- Sometime We Will Meet Again di Gregory Stone adattamento da Pyotr Ilyich Ciaikovsky
- The Pleasure's All Mine (Frank Ryerson - Vaughn Monroe)
- Beware, My Heart (Sam Coslow) Vaughn Monroe
- 57th Street Rhapsody (Morros-Portnoff) Harry James (tromba solista)
- Brown Danube (Hal Borne) Radio City Music Hall, New York City, dir. Charles Previn.

giovedì 22 giugno 2017

Palestrina princeps musicae


 
"Palestrina princeps musicae" (2009) Regia di Georg Brintrup. Scritto da Georg Brintrup e Mario Di Desidero. Fotografia di Paolo Scarfò. Musiche di Pierluigi da Palestrina curate da Flavio Colusso. Interpreti: Daniele Giuliani (Palestrina giovane), Bartolomeo Giusti (Palestrina anziano), Francesca Catenacci (Lucrezia Gori, moglie di Palestrina), Domenico Galasso (Iginio, terzo figlio di Palestrina), Patrizia Bellezza (Virginia Dormuli), Renato Scarpa (mons. Cotta), Franco Nero (Domenico Ferrabosco), Remo Remotti (Filippo Neri), Stefano Oppedisano (Annibale, ex allievo di Palestrina), Claudio Marchione (Cristoforo, ex allievo di Palestrina), Achille Brugnini (Gioacchino, ex allievo di Palestrina). Giorgio Colangeli (Leonardo Barré, cantore della cappella papale), Pasquale Di Filippo (Severini). Ensemble Seicento-Novecento, Cappella Musicale di San Giacomo, Coro di Voci bianche JJ Winckelmann; maestro di cappella Flavio Colusso, maestro voci bianche Donatella Casa. Durata: 60 minuti
 
"Palestrina" di Georg Brintrup (regista tedesco, nato nel 1950) è molto bello e molto ben fatto, sembra quasi un Herzog dei bei tempi andati; ed è un peccato che il Gesualdo di Herzog non l'abbia fatto invece Brintrup, viene da dire. Il cast è tutto di attori italiani: Renato Scarpa, Remo Remotti (san Filippo Neri), Franco Nero (Ferrabosco), e altri a dar voce a vere testimonianze su Pierluigi da Palestrina. Il film è girato in Abruzzo, poco prima del terremoto del 2009, e si possono vedere le immagini di affreschi ormai distrutti nel Monastero della Beata Antonia. Oltre che ben fatto e ben recitato, e con una parte musicale importante affidata a Flavio Colusso, il "Palestrina" di Brintrup è molto utile perché ci fa imparare (o ricordare) molte notizie storiche che altrimenti si perderebbero per strada. Pierluigi da Palestrina è infatti uno di quei nomi su cui si pensa di sapere tutto, e invece così non è.

 
La prima cosa che può sorprendere è che Palestrina era sposato: un lungo matrimonio, con tre figli maschi. L'essere sposato gli creò molti problemi nella corte romana, e infine l'espulsione dalla Cappella Papale (insieme a Ferrabosco e a Garré) dove non erano ammessi cantori che non fossero celibi, per ordine diretto del Papa. Dei tre figli di Palestrina i primi due morirono, già adulti, durante un'epidemia a Roma, e il terzo (il più giovane, di nome Iginio) divenne giurista e qui nel film è uno dei narratori, interpretato in maniera molto piacevole dall'attore Domenico Galasso. Palestrina nelle testimonianze d'epoca viene chiamato Giannetto, "maestro Giannetto", perchè il nome completo è Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594).

 
Palestrina è la città natale del musicista, che già nel 1537 è a Roma come fanciullo cantore in Santa Maria Maggiore. Nel 1544, ventenne, viene nominato organista e maestro di canto nel duomo di Palestrina; si sposa nel 1547 con Lucrezia Gori e hanno tre figli: Rodolfo, Angelo, Iginio.
Papa Giulio III prima della sua elezione era vescovo proprio a Palestrina, e lì conobbe e apprezzò il giovane musicista. Nel 1551 lo portò a Roma quando divenne papa, maestro della Cappella Giulia. Alla morte di Giulio III divenne papa Marcello II, e in lui Palestrina aveva molte speranze perché sapeva che in musica avevano posizioni simili; purtroppo Marcello II visse solo tre settimane dopo essere stato nominato papa (a lui dedicherà la "Missa Papae Marcelli", molti anni dopo). Il nuovo papa è Paolo IV, che decretò l'espulsione dalla cappella Papale dei cantori sposati; Palestrina perse il posto e si trovò in difficoltà economiche, ma dopo qualche tempo divenne maestro del coro in Santa Maria Maggiore.

 
Dopo Paolo IV arriva Pio IV, che termina il Concilio di Trento, in corso da moltissimi anni e già iniziato al tempo di Giulio III. Nel Concilio di Trento ci sono anche i dettami su come dovrà essere la nuova musica di chiesa, e apparentemente sono in contrasto con le idee di Palestrina (per il quale la musica viene prima delle parole) ma da qui in avanti Palestrina si affermerà come modello per la musica religiosa, e non solo. Da Palestrina e dai suoi allievi parte infatti la grande scuola napoletana, e ancora verso la fine dell'Ottocento sarà Giuseppe Verdi a dichiarare la sua ammirazione per Palestrina, con il famoso "per fare cose nuove bisogna ricominciare dall'antico". Dato il suo successo, Palestrina verrà richiamato in San Pietro: non più alla Cappella Papale (dove era ancora in vigore il divieto per gli sposati) ma alla Cappella Giulia. In questi anni la città di Roma passa molti problemi, dai turchi a fame e pestilenze. I due figli maggiori muoiono, e Palestrina dovrà badare anche ai loro figli rimasti orfani; rimane lui stesso vedovo, sempre a causa della pestilenza.
Nel 1580 decide di farsi prete e prende i primi voti, probabilmente senza una vera vocazione ma per ottenere incarichi remunerativi (come farà anche Monteverdi nel secolo successivo); però poi conosce una vedova benestante, Virgina Dormuli, e la sposa, rinunciando a prendere i voti definitivi. Da qui in avanti ricomincia a scrivere musica, anche canzoni profane. Le sue partiture vengono stampate e diffuse in tutta Europa. Nel film si accenna anche alla sua rivalità artistica con Orlando di Lasso, compositore fiammingo, grande polifonista, attivo in quegli anni a Roma.

Si parte dal 1594, a Roma, con Palestrina anziano (l'attore è Bartolomeo Giusti), e si procede con rapidi flashback. Gli attori: Daniele Giuliani è Palestrina giovane, Francesca Catenacci è Lucrezia Gori, moglie di Palestrina. La seconda moglie (Virginia Dormuli) è interpretata da Patrizia Bellezza. Monsignor Cotta, segretario della Cappella Papale, negativissimo su Palestrina, è interpretato dall'ottimo Renato Scarpa. Domenico Ferrabosco è interpretato da Franco Nero: una breve apparizione ma da grande attore. Ferrabosco, bolognese di nascita, fu padre di Alfonso Ferrabosco, altro musicista importante che visse a Londra nel periodo elisabettiano. Il figlio di Alfonso Ferrabosco, violista, con lo stesso nome Alfonso, è considerato come uno dei maggiori compositori inglesi del periodo di Shakespeare. Iginio, terzo figlio di Palestrina e narratore fondamentale, è affidato a Domenico Galasso. I tre allievi di Palestrina sono Annibale (Stefano Oppedisano), Cristoforo (Claudio Marchione) e Gioacchino (Achille Brugnini): hanno il compito di portare avanti la narrazione in modo piacevole e ci riescono molto bene. Altri personaggi storici che portano la loro testimonianza sono Filippo Neri (in seguito nominato santo), interpretato da Remo Remotti; Leonardo Barré, cantore della cappella papale, espulso da Paolo IV perché sposato (l'attore è Giorgio Colangeli), e G. Severini (Pasquale Di Filippo).

 
La parte musicale, cospicua, è affidata ad Ensemble Seicento-Novecento, Cappella Musicale di San Giacomo, Coro di Voci bianche JJ Winckelmann. Maestro di cappella è Flavio Colusso, le voci bianche sono dirette da Donatella Casa. Produzione Musica Immagine Roma, Silvia De Palma direttore di produzione, Johann Herczog consulente musicologico.




domenica 18 giugno 2017

Benjamin Britten: Peace and conflict


Benjamin Britten: Peace and conflict (2013) Scritto e diretto da Tony Britten. Interviste con Joseph Horowitz, Anita Lasker-Wallfisch, Raphael Wallfisch, Simon Kinder, Sue Phipps. Interpreti: Alex Lawther (Britten), John Hurt (narratore), Jake Mann (Klugman), Christopher Theobald (Mac Lean), Mykola Allen (Berthoud), George Anderson (third prefect), Bradley Hall (Floud). Durata: 105 minuti. A Capriol Films Production.

"Peace and conflict", a metà fra film recitato e documentario, è un film molto bello uscito per il centenario della nascita di Benjamin Britten (1913-1976). Per la precisione, ad essere recitate con attori (tutti molto bravi) sono le parti riferite all'adolescenza di Britten e alla sua vita nel collegio di Gresham; il resto del film è basato su documenti, interviste, concerti. L'attore che interpreta Britten si chiama Alex Lawther, all'epoca diciottenne, che rivela fin da subito un particolare a cui non avevo mai pensato: Britten aveva i capelli rossi.
 

E' interessante sottolineare il titolo dato al film, "Peace and conflict": si inizia infatti parlando della prima guerra mondiale, una catastrofe di cui forse abbiamo perso la memoria e la misura. Un quinto degli alunni della Gresham School, nel Norfolk, muore nella Grande Guerra; è questo il clima in cui cresce la generazione di Britten (nato nel 1913), la memoria di ciò che è successo è destinata a rimanere in tutti i nuovi studenti, per decenni. Questo clima di disperazione e di vuoto, e insieme di rinascita, è ben raccontato in un romanzo di James Hilton, "Prigionieri del passato" (nell'originale, "Random Harvest"), che parla del dramma dei reduci da quel conflitto. I reduci: perché non tutti muoiono, in guerra.
 

Benjamin Britten, figlio di un dentista e con fratelli e sorelle maggiori di lui, fu un compositore molto precoce: a 13 anni era già all'opera 100, ma sono composizioni che furono poi distrutte dallo stesso Britten. Gresham era una scuola progressista, liberale e socialista, scelta dai suoi genitori anche per questo motivo; gli studenti erano incoraggiati a confrontarsi con l'esterno e con i problemi reali del mondo, e a pensare con la loro testa. Non era una scuola marxista ma certamente molto aperta e non conformista, pur con il massimo rigore negli studi. Britten vorrebbe iscriversi subito al Royal College of Music, ma i genitori e i fratelli maggiori insistono perchè prima termini il normale ciclo di studi. A Gresham, Benjamin Britten gioca a tennis e cricket, ma è esentato dagli esercizi militari (a Gresham era possibile). Insieme a un amico, mentre gioca a cricket, ascoltano i richiami per le esercitazioni militari; l'amico lo invita a comporre fanfare e richiami migliori per gli esercizi militari, al giovane Britten però non dispiacciono quelle che ci sono già. Da studente, apprezza i sermoni e le funzioni domenicali; nei sermoni si parla dei morti in guerra, ed è un argomento a cui Britten sarà sempre molto sensibile, fino a diventare militante pacifista.
A Gresham, Britten viene descritto come molto giudizioso negli studi e nei comportamenti; compone molta musica ma ha difficoltà a farla eseguire e ascoltare al di fuori della cerchia dei suoi amici.
 

Nel 1933 Britten, ventenne, finisce gli studi al Royal College of Music e incontra W. H. Auden; lavorano entrambi per la GPO, casa di produzione cinematografica. Britten non è entusiasta della musica per il cinema ma fa comunque un ottimo lavoro, è un'esperienza utile. Anche Auden ha studiato a Gresham, gli fa conoscere Isherwood e Spender; Britten scrive musiche di scena anche per loro. Auden, Isherwood e Spender sono maggiori di età, Britten ha poco più di vent'anni.
I maestri di Britten ai suoi inizi furono Frank Bridge e John Ireland; John Ireland insiste molto sul contrappunto. Britten si applica ma il suo rapporto con Ireland non è buono; in precedenza con Frank Bridge c'era invece un ottimo rapporto e Bridge influenzò molto Britten nella sua musica.
 

Nel 1936 ha molti amici comunisti, come Montagu Slater autore teatrale per cui scrive musiche (si ascoltano le musiche di scena). Britten è molto amico anche della moglie di Slater. Slater sarà autore del libretto di Peter Grimes, ed è apertamente comunista mentre Britten non lo è, è solo interessato alle tematiche sociali e scrive musica anche per il Labour Choir. Alan Bush, altro amico e compositore, rimarrà marxista convinto fino alla sua morte; rimane in contatto con Britten per tutta la vita.
Britten legge Marx ma non è marxista, sarà sempre pacifista. Clifford Curzon, famoso pianista e militante pacifista, fu amico di Britten e decisivo nelle sue scelte. Olivier Berthoud, suo amico, parla del pericolo rappresentato dal Mein Kampf; in seguito sarà nella giuria del processo di Norimberga.
Si fa notare che molti ex allievi di Gresham furono comunisti; è l'epoca in cui termina il partito liberale (in cui militavano i loro genitori) e nasce il Labour Party. E' anche il periodo del nazismo in Germania, a Gresham se ne parla e ci sono molti commenti su cosa succederà. Alla Gresham c'è un forte movimento in favore della Lega delle Nazioni, troppo forte è il ricordo della guerra precedente. Molti di loro poi si arruoleranno per combattere contro i nazisti e i fascisti.
Nel documentario c'è chi si dice stupito per il fatto che molti degli amici di Britten rimasero comunisti anche dopo aver conosciuto le atrocità di Stalin: è un errore molto comune quello di confondere la storia socialista e comunista con quella dell'Unione Sovietica, e il commentatore di questo film si accoda a questa lunga sequenza di luoghi comuni molto superficiali. Nei moti ungheresi del 1956, così come in quelli di Praga del 1968, comunisti e socialisti erano in prima linea contro l'Unione Sovietica; la storia del socialismo comincia a metà Ottocento ed è alla base della società civile così come la conosciamo oggi. Ma qui mi fermo, mi limito solo a raccomandare la lettura di George Orwell, "La fattoria degli animali" (è così che è andata), a chi ancora volesse ripetere quei luoghi comuni già così tanto ripetuti.
 

Nel periodo immediatamente precedente alla seconda guerra mondiale, Benjamin Britten scrive "Ballad of Heroes" (del 1939, per la guerra di Spagna) e la "Sinfonia da requiem", pensata per i genitori, scritta su commissione giapponese e poi rifiutata dai giapponesi perché "troppo cristiana".
Britten fu obiettore di coscienza dichiarato nel 1942, così come Peter Pears. E' sostanzialmente apolitico, ma tiene sempre concerti per i lavoratori. Nel periodo bellico Benjamin Britten e Peter Pears vanno in America, invitati da Auden (a Amityville, Long Island). Si trovano bene, però nelle sue lettere Britten si dice deluso dall'ottusità e superficialità americana. Dopo la guerra torna nel Suffolk e scrive Peter Grimes e i Sonetti di John Donne.
Iain Burnside, pianista, dice "c'è molta oscurità nella sua musica, c'è rabbia, c'è dolore, è la lettera che non ha mai scritto". Molte pagine da diari e lettere, si ascolta "O my black soul" (dai Sonetti di John Donne).

Nel 1945 con Yehudi Menuhin tiene due concerti nel campo di concentramento di Belsen, che lo segnano profondamente anche perché fu accusato di essere fuggito in Usa durante la guerra. Menuhin racconta l'esperienza di Belsen nella sua autobiografia. Anita Lasker, violoncellista, fu trasferita da Auschwitz a Belsen quando le truppe russe si avvicinarono al campo; era a Belsen quando ci fu il concerto e rimase colpita dal pianista, che ancora non conosceva mentre Menuhin era già molto famoso. In seguito, Anita Lasker fece parte del nucleo originario della English Chamber Orchestra, che fu diretta da Britten; è molto bella la sua intervista.
 

Nel 1963 Britten è in Russia con Mstislav Rostropovic e Galina Vishnevskaja; Britten e Rostropovich divennero molto amici pur essendo molto diversi di carattere. Britten scrisse molto per Rostropovich, le "Suites per violoncello" e altro ancora. Britten tornò spesso in URSS, a Mosca e a Leningrado, ma rimase sempre in contrasto con l'URSS e i suoi funzionari. Fu pacifista miltante per tutta la sua vita, e attivista per il disarmo nucleare. Sono anni in cui il rischio di una nuova guerra è forte: la crisi di Cuba, la minaccia della bomba atomica sempre presente.
 

Molto spazio, tutta l'ultima mezz'ora, è dedicata alla prima esecuzione del "War Requiem" nel 1962, per la ricostruzione della Cattedrale di Coventry, che era stata distrutta nel 1940 dalle bombe naziste. L'esecuzione del "Requiem di guerra" ebbe grande risonanza, e commosse profondamente l'opinione pubblica.

Benjamin Britten muore nel 1976, qualche anno prima di Peter Pears. Nel finale si accenna anche ai suoi difetti: fu molto duro nelle relazioni personali, la musica veniva prima di tutto e chi interferiva veniva tagliato fuori senza troppi scrupoli. Nel finale si vede il narratore, l'attore John Hurt; devo però dire che sono molto brutte le sculture in bronzo che si vedono in questa sequenza, rappresentanti Britten e Pears.
La musica di Benjamin Britten viene descritta in modo perfetto da Joseph Horowitz, professore di composizione al Royal College of Music: « Britten riesce sempre a trovare il modo di aggirare ciò che è considerato corretto dal punto di vista teorico; eppure nessuno sa farlo come lui, in modo così melodico. Crea melodie che reinventano le regole nel momento stesso in cui le distruggono. E' in questo modo che è diventato un autore popolare, usando lo stesso vocabolario per gran parte del suo lavoro; anche se non per tutta la sua opera, usa un vocabolario che chiunque può comprendere.»


La parte recitata è affidata a giovani attori molto bravi; bella la regia, le riprese sono nei luoghi originali, la Gresham School in interni ed esterni. L'attore che interpreta Britten da ragazzo non dispiace ma appare spesso un po' troppo flebile; fisicamente Britten viene descritto come esile ma robusto, capace anche di fare a pugni. Tony Britten, documentarista e regista, è anche compositore e appare nel film come musicista e direttore d'orchestra. Tra le altre cose, Tony Britten è famoso per essere l'autore dell'arrangiamento da Haendel (Zadok the Priest) che fa da sigla alla Champions League di calcio; ho cercato notizie su internet ma non sono riuscito a sapere se si tratti di una parentela o di una semplice omonimia con Benjamin Britten.
Queste le musiche che si ascoltano nel film:
di Benjamin Britten:
- Bagatelle (Benyounes String Quartet and Nathan Waring)
- Noyes Fludde, Opus 59 Bugle Tune (Gresham’s School Brass Group)
- Simple Symphony, Opus 4, Playful Pizzicato (Northern Sinfonia conductor Steuart Bedford)
- The Wind Song, from ‘Stay Down Miner’Words by Montagu Slater (Gresham’s School Senior Choir)
- Russian Funeral (Gresham’s School Brass Group conducted by Tony Britten)
- Night Mail (Birmingham Contemporary Music Group dir Martyn Brabbins)
- Our Hunting Fathers , Opus 8, Dance of Death text devised by W.H. Auden (English Chamber Orchestra, Phyllis Bryn-Julsen, dir Steuart Bedford)
- First ‘Cello Suite, Opus 72, Lamento (Raphael Wallfisch)- First ‘Cello Suite, Opus 72, Marcia (Raphael Wallfisch)
- Ballad of Heroes, Opus 14, Dance of DeathWords by W.H. Auden (Gresham’s School Senior Choir)
- Sinfonia da Requiem, Opus 20, Lacrymosa (London Symphony Orchestra dir Steuart Bedford)
- The Holy Sonnets of John Donne, Opus 35, Oh my blacke Soule! (James Gilchrist and Iain Burnside)
- String Quartet no. 2, Opus 36, Chacony (Benyounes String Quartet)
- Simple Symphony, Opus 4, Sentimental Sarabande (Northern Sinfonia Conductor Steuart Bedford)
- Winter Words, Opus 52, A Time There Was Words by Thomas Hardy (James Gilchrist and Iain Burnside)
- Owen Wingrave, Opus 85, the ‘Peace Aria’ Words, Myfanwy Piper (Gerard Collett, Mark Jones, Tony Britten)
- Canticle II, Abraham and Isaac, Opus 51 (James Gilchrist, Jake Arditti and Iain Burnside)
- Hymn to the Virgin (Gresham’s Senior Choir, Semi Chorus: Zoë Scoular, Victoria Taylor, Oliver Colman, Charlie Jefford)
- War Requiem, Opus 66 (Scottish Festival Chorus, The Choristers of St Mary’s Episcopal Cathedral, Edinburgh BBC Scottish Symphony Orchestra, dir Martyn Brabbins )
- War Requiem, Opus 66, Offertorium (BBC Scottish Symphony Orchestra dir Martyn Brabbins)
- War Requiem, Opus 66, Strange Meeting (Michael Volle, Tom Randle, Lynda Russell, BBC Scottish Symphony Orchestra dir Martyn Brabbins)
- War Requiem, Opus 66, Dies Irae (Lacrimosa) (Lynda Russell, BBC Scottish Symphony Orchestra dir Martyn Brabbins)
Musiche di altri autori:
- Ludwig van Beethoven: String Quartet Opus 127 last movement (Benyounes String Quartet)
- S.S. Wesley, The Church’s One Foundation, words by Samuel John Stone


venerdì 16 giugno 2017

John Mc Cormack


 
John Mc Cormack, grande tenore irlandese (1884-1945), è passato alla storia, oltre che per la bellezza della voce e per la tecnica di canto perfetta, per essere stato amico di James Joyce. Joyce, più vecchio di due anni, studiò canto e probabilmente sperava di poter fare carriera, ma si rese presto conto di non avere una voce all'altezza. Forse a convincere Joyce a rinunciare fu proprio il paragone della sua con la voce di John Mc Cormack; ma dato che non abbiamo registrazioni della voce di Joyce queste rimangono solo supposizioni. Sta di fatto che nell'Ulysses di James Joyce le citazioni di canto e di cantanti sono molte.
Mc Cormack ebbe una lunga carriera in teatro, che inizia nel 1906 a Savona con "L'amico Fritz" di Mascagni e proseguì per vent'anni nei teatri di tutto il mondo; dalla metà degli anni '20 si dedicò prevalentemente ai concerti di canto. La Garzantina della Musica definisce così la voce di John Mc Cormack: « ...voce chiara, dolce, timbrata e duttilissima; per le sue eccezionali attitudini al canto elegiaco e sfumato va considerato come uno dei maggiori "tenori di grazia" del Novecento». Come voce e come repertorio, John Mc Cormack è parente stretto di Gigli, Schipa, Kraus.


John Mc Cormack ha interpretato un buon numero di film al cinema, anche da protagonista; ma probabilmente la sua apparizione più famosa è quella (da comprimario) con Orson Welles, in uno dei film più importanti nella storia del cinema. Scorrendo la lista degli interpreti di “Citizen Kane” di Orson Welles (1941, da noi conosciuto col titolo “Quarto potere”) ho trovato anche il nome di John McCormack; mi sono chiesto se fosse davvero il grande tenore irlandese oppure un suo omonimo, e la risposta è che si tratta proprio di lui. Nei titoli di testa il suo nome non c’è, ma nei libri è indicato che appare brevemente come "man singing at Inquirer party" cioè l'uomo che canta alla festa per l’arrivo di Kane alla direzione dell’Inquirer. Siamo al minuto 42 dall'inizio di "Citizen Kane": si tratta di una festa con ballerine danzanti, c’è molta gente. Welles costruisce una sequenza intorno all’uomo che conduce la danza; è difficile pensare a John Mc Cormack perché si tratta piuttosto di un numero da vaudeville o del nostro varietà, non una canzone ma una serie di strofe recitate. Il fermo immagine è questo.


John McCormack era già stato protagonista di “Song of my heart” del 1930, regia di Frank Borzage; il nome del suo personaggio è Sean e con lui recitano Maureen O’Sullivan e Alice Joyce. C'è molta musica, niente arie d'opera ma molte canzoni irlandesi e arie da camera; il soggetto è molto simile a quelli che hanno per protagonista Gigli e altri tenori dell'epoca. Dato che è stato girato nel 1929, si tratta di uno dei primi film sonori nella storia del cinema.
McCormack compare anche in “Wings of the morning” (Sangue gitano, 1937, regia di Harold Schuster) accanto a Henry Fonda e all’attrice francese Annabella, e nel documentario “Cavalcade of Faith”, sempre del 1937. La lista degli “interpreti” di questo documentario è davvero curiosa: un papa, molti cardinali, ministri e capi di Stato dell'epoca, incluso il buce. La spiegazione della presenza del tenore irlandese in questo cinegiornale l’ho trovata su wikipedia in inglese. John Mc Cormack ebbe il titolo di conte, che figura sulla copertina di molti suoi dischi, non dalla regina d’Inghilterra ma da papa Pio XI; pare infatti che il tenore irlandese sia stato molto generoso in opere di carità. Accanto al papa e a John Mc Cormack c’è anche il cardinale Pacelli, che di lì a poco sarebbe diventato papa Pio XII.

martedì 13 giugno 2017

Tutte le mattine del mondo


Tutte le mattine del mondo (1991) Regia di Alain Corneau. Scritto da Pascal Quignard e Alain Corneau. Fotografia di Yves Angelo. Musiche di Marin Marais, Couperin, Savall, Sainte Colombe. Interpreti: Jean Pierre Marielle (Sainte Colombe), Gerard Depardieu (Marin Marais), Guillaume Depardieu (Marin Marais da giovane), Anne Brochet (Madeleine), Carole Richert (Toinette), Michel Bouquet (Baugin) Caroline Sihol (moglie di Sainte Colombe) Durata: 1h50'

"Tutte le mattine del mondo" (stesso titolo nell'originale francese) ebbe molto successo alla sua uscita, attirando anche pubblico che non aveva nessuna familiarità con la musica del '600. Protagonisti del film sono infatti Marin Marais (1625-1728) e soprattutto Monsieur de Sainte Colombe, maestro di Marais ai suoi inizi. Di Marin Marais sappiamo tutto, è stato un musicista molto importante, contemporaneo di Lully, Rameau, Couperin e a loro pari; di Sainte Colombe invece si sa pochissimo, le date di nascita e di morte sono approssimative (1640circa -1700 circa) e perfino il nome di battesimo è ignoto: pare che fosse Jean, ma risulta da un solo documento firmato con calligrafia molto simile ai suoi manoscritti. I nomi delle figlie non sono quelli del film, e sembra che abbia avuto un figlio maschio fuori del matrimonio, che nel film non si vede ma del quale abbiamo alcune composizioni come quella che dovrebbe essere stata scritta per la morte del padre. Di conseguenza, "Tutte le mattine del mondo" è un film d'invenzione, più o meno come sarà il più recente Vermeer di "La ragazza dall'orecchino di perla". Detto questo, il film piace ancora oggi e non stupisce il suo successo di allora, anche al botteghino.


Il soggetto è quello classico dell'artista che si ritira dal mondo, che non vuole essere disturbato dal rumore del mondo esteriore; la causa di questo comportamento è per Sainte Colombe la morte della moglie, alla quale non si rassegnerà mai. Sainte Colombe ha ancora le due figlie, che alleva in modo rigido e scostante ma comunque con molto amore, istruendole nella sua arte e, una volta adulte, suonando con loro per un pubblico molto ristretto in un trio di viole da gamba.
La viola da gamba, vera protagonista del film, è uno strumento che ebbe notevole diffusione per secoli, intermedio tra il violino e il violoncello; ne esistono infinite varianti, più piccole o più grandi, e anche il moderno contrabbasso ne è una delle tante versioni. L'interesse dei compositori verso la viola da gamba cessa nell'Ottocento; i compositori romantici e post romantici preferiscono scrivere per il violoncello o per la moderna viola da braccio, quella che ancora oggi vediamo nelle orchestre. Dagli anni '80 del Novecento c'è stato un notevole recupero di questi strumenti e delle musiche per loro composte, e da diversi decenni le viole da gamba si possono considerare rientrate in repertorio, con molti solisti e molti gruppi musicali a loro dedicate. Le musiche per "Tutte le mattine del mondo" sono eseguite da Jordi Savall con il suo gruppo; come frequentatore di concerti ricordo il gruppo Fretwork (di sole viole da gamba), e a Como nel 1994 il Dowland Ensemble, un concerto magnifico in una sala desolatamente vuota, il che non va ad onore dei comaschi. Appunto a John Dowland, e al suo "Lachrymae", vorrei rifarmi per descrivere in una parola "Tutte le mattine del mondo": che è un film intenso e accurato, girato in stato di grazia e molto ben recitato, ma anche molto triste. Tutto il dolore del mondo, verrebbe da dire.


Gli attori: Monsieur de Sainte Colombe, protagonista, è l'ottimo Jean Pierre Marielle. Marin Marais è affidato nelle sue diverse età a Gérard Depardieu (che apre il film) e a suo figlio Guillaume Depardieu. Le figlie di Sainte Colombe sono Anne Brochet (la maggiore) e Carol Richert (la minore); molto brave anche le due bambine che le interpretano nella prima parte del film, Violaine Lacroix e Nadege Teron. La moglie di Sainte Colombe, che appare in visione al marito, è Caroline Sihol; il pittore Baugin è interpretato da Michel Bouquet.
Lubin Baugin (1612-1663) è un altro artista con poche notizie biografiche certe; il quadro che si vede nel film, "Dessert di cialde", è al Louvre. Baugin non ha dipinto solo nature morte, di lui conosciamo quadri di carattere sacro per Notre Dame, e altri di carattere mitologico. Vedendo il film, più che a Baugin è però inevitabile pensare a Georges De La Tour, maestro del buio e della luce di candela.


Altri miei appunti presi durante la visione: 1) "Tutte le mattine del mondo", come se il tempo si fosse fermato e non esistesse più dopo la morte della moglie per Sainte Colombe. Il freddo è sempre lo stesso freddo, la sera è sempre la stessa sera, le mattine sono tutte uguali. Sainte Colombe dopo la morte della moglie è come di ghiaccio, pietrificato. La stessa cosa si ripeterà per sua figlia Madeleine. 2) Sainte Colombe come Salinger, se fosse oggi: ricercato dai fotoreporter, braccato, spedito suo malgrado alla prima pagina, come nel finale di "Brave New World".. Non esiste più il diritto di ritirarsi, nella società dei "sempre connessi". 3) Dowland, Ferrabosco e la scuola inglese, le tante viole diverse viste e ascoltate in un solo concerto a Como, con il "Dowland Ensemble". 4) Discussioni fra Baugin e Sainte Colombe sull'oro (l'oro puzza?), riflessioni sull'arte come qualcosa di personale, da non vendere e magari anche da non pubblicare. "Farai carriera, guadagnerai dei soldi, ti esibirai davanti al re - dice Sainte Colombe a Marais, - ma non sarai mai un vero musicista" 5) Sainte Colombe corrisponde molto alla descrizione di un maestro zen. 6) il tema della Follia di Spagna, messo in musica da molti compositori per almeno due secoli e ancora oggi conosciuto.

"Tutte le mattine del mondo" è un film che si può guardare anche senza dare troppe spiegazioni, non è importante la correttezza storica (come già accadeva per "Amadeus"), quanto la narrazione in sè. Al di là del piacere della visione, c'è anche il fatto di mettere curiosità su musicisti fuori dal giro delle mode e su tempi e temi poco conosciuti, il che è sempre un'ottima cosa. Però mi viene da pensare che questo fosse ancora possibile nel 1991, non più oggi. Qualche anno fa avevo anch'io un'amica (all'epoca molto vicina) che mi aveva detto che "Tutte le mattine del mondo" le era piaciuto molto, e che le sarebbe piaciuto molto riascoltare quelle musiche. Le avevo regalato il cd, ma me lo aveva reso dicendosi delusa; a quel punto ero io essere rimasto deluso, ma mi accorgo sempre più che non è tempo di riflessioni e di meditazioni, nel Nuovo Millennio basta e avanza un "like" per esprimere le proprie emozioni.

 
Queste le musiche che si ascoltano nel film, eseguite da Jordi Savall e dai suoi musicisti; mi sembra importante sottolineare la presenza di François Couperin (Troisième leçon de Ténébres), e il fatto che Jean-Baptiste Lully era per nascita Giovanni Battista Lulli, livornese. La grande scuola musicale francese viene dall'Italia, così come la magnifica scuola inglese di viola da gamba ha origine dalla famiglia Ferrabosco, bolognesi.
Sainte-Colombe: Les pleurs, Gavotte du tendre, Le retour
Marin Marais: Improvisation sur 'Les Folies d'Espagne' , L'arabesque, Le Badinage, La rêveuse
Jean-Baptiste Lully : Marche pour la cérémonie des Turcs
François Couperin: Troisième leçon de Ténébres
Jordi Savall: Prélude pour Monsieur Vauquelin, Une jeune fillette (d'après une mélodie populaire), Fantasie en mi mineur d'après un anonyme du XVIIème