martedì 11 ottobre 2016

Una notte all'opera ( I )


A Night at the Opera (1935) Regia di Sam Wood Fotografia: Merrit B. Gerstad Musica: Giuseppe Verdi, Ruggiero Leoncavallo, Chico e Harpo Marx. Musiche originali e arrangiamenti di Herbert Stothart, canzoni: “Alone” di Nacio Herb Brown e Arthur Freed , “Così cosà” di Ned Washington, Kaper & Jurmann. Coreografie di Chester Hale. Con Groucho, Chico e Harpo Marx; Margaret Dumont, Siegfried Rumann, Kitty Carlisle, Allan Jones, Walter King (96 minuti)

1.
Chi non ha mai visto i fratelli Marx non sa cosa si è perso, ma per sua fortuna è ancora in tempo per rimediare: si consiglia soprattutto “La guerra lampo dei fratelli Marx” (Duck soup) e “Una notte all’opera” (A night ath the Opera), che sono i due più belli, ma in tutti i film dei Marx c’è sempre almeno una scena da non perdere.
Ecco, tutto quello che c’era da dire sui fratelli Marx l’ho detto: di più non c’è molto da aggiungere, a parte le biografie. Ma su questo ci sono moltissimi libri e siti internet, cos’altro scrivere? Parlerei per mesi dei Marx, riempirei il sito di foto e di filmati, ma per fortuna non ce n’è bisogno, Groucho e i suoi fratelli sono tutt’altro che dimenticati.
Una cosa però la posso fare, ed è parlare di “Una notte all’Opera” come appassionato di musica e d’opera lirica. Qui forse posso essere utile a qualcuno: capire cosa succede nel film, dal punto di vista operistico, rende il film ancora più divertente.
 

L'opera lirica in tv o al cinema, o su dvd, è quasi sempre uno strazio. Lo dico da appassionato: se ne salvano pochi, di film e dvd tratti da una cosa che è assolutamente nata e fatta per il teatro. Detto questo, e nominati per la precisione alcuni dei pochi capolavori in questo campo (Il flauto magico di Mozart-Bergman, il Don Giovanni di Mozart-Losey, il Mosè e Aronne di Schoenberg-Straub&Huillet, qualche ripresa storica di tipo documentario), questo è il film che sbaraglia il campo in maniera assoluta. E non c'è da meravigliarsi, perché l'Opera contiene in sè la follia, che ne è parte essenziale: e la follia assoluta, al cinema, sono i Fratelli Marx. Qui sono così grandi che si raggiunge la poesia; peccato soltanto che l’esecuzione musicale sia di qualità scarsa, si poteva e si doveva fare di meglio, ma pazienza.
Quel “Trovatore” (libretto di Salvatore Cammarano, musica di Giuseppe Verdi, prima rappresentazione 1853) nel finale, con Harpo che si arrampica sulle funi del palcoscenico e così facendo cambia continuamente la scena che appare sullo sfondo, davanti ai cantanti, è assolutamente magico, inarrivabile. Ma sono memorabili anche l'inizio, con Groucho che si chiede come farà il Pagliaccio a dormire con quei bottoni così grossi sul pigiama, e con la stesura del contratto fra Groucho e Chico; e la scena della cabina, che con la musica ha a che fare molto più di quanto non si pensi (che cos'è, una fuga, un concertato, un contrappunto a più voci?). La vera natura dell'opera lirica emerge nel cinema in modo così clamoroso solo poche altre volte, per esempio nei film di Sergio Leone, con gli attori che si fermano e il tempo che si dilata, come accade nelle nostre emozioni quotidiane e come accade sul palcoscenico dell'Opera Lirica. Ma è un discorso lungo, qui mi fermo e vi rimando a “Una notte all’Opera” e a tutti i film dei fratelli Marx, certamente, ma anche al concertato della Lucia di Lammermoor di Donizetti - quando le spade si sguainano, tutti i protagonisti sono in scena e sembra che stia per succedere una carneficina, ma invece inizia il grande concertato: "Chi mi frena in tal momento?".
 

La prima opera che incontriamo è “I Pagliacci” di Ruggiero Leoncavallo (1857-1919): non è un’opera buffa, come si potrebbe pensare, ma un dramma che nasce da una storia vera, un pagliaccio che uccide la sua compagna per gelosia, durante uno spettacolo in piazza. Il padre di Leoncavallo era un magistrato, e si trovò a dover giudicare questo triste fatto; e il giovane Ruggiero se ne ricordò quando cercava un soggetto per una sua opera. Leoncavallo scriveva da sè anche i testi, a differenza degli altri musicisti; e il testo dei “Pagliacci” è decisamente buono, migliore di molti altri libretti d’opera. La prima rappresentazione dei “Pagliacci” avvenne nel 1892: dato che il film è del 1935 è quindi da considerarsi musica contemporanea, più contemporanea di quanto non lo siano per noi i Beatles o Lucio Battisti.

 
 
L’allestimento che vediamo nel film è molto fedele all’originale: all’apertura del sipario si annuncia infatti “un grande spettacolo a ventitré ore” (cioè alle undici di sera: i libretti d’opera sono spesso un po’ tortuosi nell’esprimere un concetto), ed è esattamente quello che mostrano le immagini.
Le libertà verso i “Pagliacci” arriveranno dopo: il tenore famoso ma antipatico (un altro tenore più simpatico, suo rivale, è invece amico dei Marx) cadrà subito vittima delle gags di Groucho e di Chico, che non sto qui a raccontare ma che consiglio caldamente di vedere.
 

E’ da notare che Groucho canticchia più volte nel film uno dei momenti più celebri dell’opera, il famoso “Ridi pagliaccio”: però, non conoscendo l’italiano, equivoca sul titolo e canta invece “Ridi pagliacci”. Direi che non se ne accorge nessuno, una piccola imprecisione che sottolineo solo perché di solito i Marx sono dei perfezionisti assoluti e non ammettono errori.

 
 

(continua)

Nessun commento:

Posta un commento