lunedì 3 ottobre 2016

Rossini 1942


 
"Rossini" (1942) Regia di Mario Bonnard. Soggetto di Alfredo Pondrelli. Scritto da Giuseppe Adami, Vittorio Gui, Luigi Bonelli, Luciano Doria, Gherardo Gherardi, Nino Novarese, Parsifal Bassi, Alberto Luchini, Edoardo Nulli. Fotografia di Mario Albertelli. Interpreti: Nino Besozzi (Rossini), Paola Barbara (Isabella Colbran) Camillo Pilotto (Barbaja), Paolo Stoppa (Leone Tòttola), Armando Falconi (re Ferdinando II), Lamberto Picasso (il generale), Greta Gonda (Teresa Coralli), Memo Benassi (Beethoven), Cesare Fantoni (Paganini), Oreste Fares (Paisiello), Gildo Bocci (Sforza Cesarini) e molti altri. Cantanti: Gianna Pederzini, Tancredi Pasero, Mariano Stabile, Enzo de Muro Lomanto, Vito de Taranto, Piero Pauli, Gabriella Gatti. Direttori d'orchestra Vittorio Gui e Fernando Previtali.  Durata: 1h52'

Il "Rossini" di Mario Bonnard sui titoli di testa è "Arte ed amori di Gioacchino Rossini"; dura 1h52' e la copia che vedo su RaiStoria è molto rovinata, purtroppo anche nel sonoro. Gli sceneggiatori sono molti, tra di loro anche Vittorio Gui (direttore d'orchestra importante) e Giuseppe Adami (librettista della Turandot, fra le altre cose). Nei titoli di testa non si fa riferimento alle fonti da cui si è attinto per scrivere il soggetto.


Si comincia con l'arrivo a Napoli di Rossini, per la messa in scena di "Elisabetta Regina d'Inghilterra", poco prima di scrivere il Barbiere (che avrà la sua prima rappresentazione a Roma, e al quale Rossini metterà l'ouverture scritta per l'Elisabetta). A Napoli, Rossini trova l'impresario Barbaja e re Ferdinando, reso in modo molto caricaturale; c'è anche il librettista Leone Tòttola (Paolo Stoppa) qui presentato come servile e dimesso, perfino fastidioso, che cerca invano di rifilargli il libretto del Mosè. A corte si è disturbati dalla quasi omonimia di Rossini con un altro Gioacchino, cioè Murat; ma Rossini è Gioacchino e Murat Giovacchino; ci sono anche dubbi sull'appartenenza alla Carboneria da parte di Rossini, perchè ha composto un inno ritenuto sospetto. Un altro dubbio è che Rossini non voglia scrivere il balletto, ritenuto indispensabile alla corte di Napoli; il compositore non si espone in proposito, ma avrà una relazione con la ballerina Teresa Coralli. Sempre a Napoli, Rossini conosce Isabella Colbran che è l'amante dell'impresario Barbaja; milanesissimo, Barbaja è interpretato da Camillo Pilotto che ogni tanto sbotta in un "porco sciampino!", interiezione oggi passata di moda (peccato, era simpatica e inoffensiva). Si nomina molto (ma non si vede nel film) una cantante di nome Dardanelli (o simile) il cui nome serve però solo per far ingelosire la Colbran. In una scena, Rossini viene chiamato a corte ed è molto preoccupato per la storia dell'inno e della Carboneria, teme di essere arrestato ma scoprirà di essere stato chiamato come consulente gastronomico, per una ricetta a base di pesce. Rimane però il tarlo del dubbio, e Rossini decide di lasciare Napoli e andare a Roma, ritenuta più sicura. Lascia a Napoli anche Barbaja, perchè ha ricevuto un'ottima offerta da un altro impresario, il duca romano Sforza Cesarini.


L'arrivo a Roma di Rossini è sulle note di Berlioz, "Carnevale romano": è proprio tempo di carnevale, e Rossini va in giro mascherato con l'amico Paganini, a far bisboccia. L'anno è il 1816; qui, al Teatro Argentina, va in scena il Barbiere di Siviglia, con la famosa scena dei fischi e della claque; più avanti si vedrà Paisiello (Oreste Fares), autore del precedente e molto amato "Barbiere di Siviglia" (1782), dire alla Colbran che apprezza molto Rossini e che è molto dispiaciuto di ciò che è stato fatto in suo nome. La seconda recita del Barbiere sarà un trionfo, gli amici (Paganini e altri) vanno a casa di Rossini per informarlo del grande successo; l'autore, molto deluso dall'esito della prima, non si era presentato in teatro.
Si torna a Napoli per "Otello"; il re Ferdinando vuole il lieto fine e Rossini lo accontenta indispettito, ma non riscrive niente e si limita ad appiccicare all'Otello il finale dell'Armida. Poi arriva il momento del Mosè.


Ci si sposta a Vienna nel 1822, dopo il matrimonio con la Colbran; vediamo en passant la visita degli sposi novelli a Pesaro, dai genitori di Rossini: una scena un po' troppo di maniera ma non spiacevole. A Vienna la Colbran accusa i primi sintomi del calo di voce, ma c'è comunque grande successo anche qui.
In una sera di pioggia, a Vienna, Rossini va a trovare Beethoven (Memo Benassi) che gli dice di scrivere musica divertente, è questa la sua missione. Beethoven ha gli spartiti del Mosè e dell'Otello, ma dice di preferire il Barbiere: "ha avuto una musa felice, la segua" è il suo consiglio.
A Parigi si arriva nel 1827, poi si va diritti fino al Guglielmo Tell, dopo la morte della madre di Rossini e di Isabella Colbran. Il finale del film è anche il finale del Guglielmo Tell.
(qui sotto, una foto di Memo Benassi ma nell'Amleto del 1954 con Gassman; purtroppo in rete non esiste una sua foto come Beethoven, vedrò se riesco a provvedere).


Gli attori: Rossini è Nino Besozzi, quieto e sornione ma con un guizzo nello sguardo; Isabella Colbran è Paola Barbara, molto bella e molto brava. Camillo Pilotto è Barbaja; Armando Falconi è re Ferdinando II, Lamberto Picasso è il generale simpatizzante di Murat, Greta Gonda è la ballerina Teresa Coralli, Memo Benassi è Beethoven, Cesare Fantoni è Paganini, Paolo Stoppa è il librettista del Mosè Leone Tòttola; Oreste Fares è Paisiello. Nella parte musicale, condotta da Vittorio Gui e da Fernando Previtali, vediamo e ascoltiamo Gianna Pederzini, Tancredi Pasero, Mariano Stabile, Enzo de Muro Lomanto, Vito de Taranto (nel Barbiere) e poi Piero Pauli e Gabriella Gatti (nell'Otello). C'è Tonino Delli Colli come operatore alla macchina da presa (direttore della fotografia è Mario Albertelli).

 
Mario Bonnard, romano, ha avuto una lunghissima carriera al cinema che inizia nel 1917 (già da regista) e si conclude nel 1961; Bonnard ha diretto film di ogni tipo (molti i titoli operistici) ma oggi è ricordato soprattutto per i suoi film con Totò e altri attori famosi. Per esempio, il film successivo di Bonnard sarà "Campo de' fiori" (1943), con Aldo Fabrizi. Camillo Pilotto era un importante attore di teatro, così come Memo Benassi. Si gioca molto sui dialetti e sulle pronunce: Rossini bolognese più che pesarese, Barbaja milanese, re Ferdinando napoletano, e così via. Tra gli scrittori, detto di Vittorio Gui e di Giuseppe Adami, incuriosisce il nome di Parsifal Bassi: era bolognese, scrittore e sceneggiatore di cinema. Una piccola curiosità per gli appassionati di cinema è legata al nome di Vittorio Nino Novarese, sceneggiatore anche di altri film d'opera: riguarda sua figlia Letizia, che negli anni '60 fu molto attiva come attrice, con il nome d'arte di Leticia Romàn.

Non è un gran film, ma si vede volentieri ed è comunque interessante. Una mia nota personale: praticamente tutti i soggettisti si fermano al Guglielmo Tell, considerando finita lì la vita di Rossini. Invece Rossini ha solo 37 anni, è ricco, va a Parigi, si diverte, continua a scrivere ottima musica. Forse sarebbe il caso di avere più immaginazione nella scelta dei soggetti e nelle sceneggiature; ovviamente il mio ragionamento non vale per questo film, girato in tempo di guerra e per un altro pubblico diverso da quello di cui faccio parte, ma confesso che se si potesse fare un film sul Rossini "giovane pensionato" lo scriverei volentieri io, anche solo per l'invidia che nutro nei suoi confronti (ricco e famoso, "pensionato" a 37 anni... beato lui che ha potuto farlo!).
 
 
(le immagini sono state prese qua e là in rete, in molti siti diversi; ringrazio chi le ha rese disponibili)

2 commenti:

  1. Possiedo una copia VHS del film, registrata nottetempo dalla RAI, dopo che era stato restaurato, ed è la copia che circola oggi, con i difetti che anche tu lamenti. Il film è godibilissimo e per nulla banale. Superiore, a mio avviso, a quello di Monicelli. Bonnard sente molto Rossini. E certe immagini sono di spessore. Pensa al finale, con la musica che si dirige verso il sole della libertà, mentre l'Italia del tempo (1942) è oppressa e perde la migliore gioventù al fronte: struggenti quelle foglie che cadono e la pioggia che tutto accarezza e annega. Gli attori sono davvero bravi. A me piace in particolare Memo Benassi.

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  2. sì, è un bel film, non un capolavoro ma fatto molto bene. Mi piacciono da sempre questi registi, Bonnard ma prima di lui Blasetti e Camerini e poi Mattoli, Mastrocinque, ...c'è un mestiere che si è perso, si sceglie quasi sempre la soluzione più pratica, le inquadrature sono studiate per far lavorare bene gli attori, e gli attori sono sempre bravi, anche nelle parti secondarie. Dagli anni 60 in su, eccellenze a parte (Antonioni, Fellini, Petri...) si comincia a notare un po' di sciatteria, e dispiace perché si tratta di Monicelli, Risi, Scola. Non vedo il film di Monicelli da tanto tempo, mi farebbe piacere ritrovarlo, ci proverò. La scena con Beethoven è davvero ben scritta e ben recitata, Memo Benassi è una bella sorpresa, preciso e asciutto.

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