lunedì 10 ottobre 2016

L'ora del lupo


 
L'ORA DEL LUPO (Vargtimmen, 1967) Regia, soggetto e sceneggiatura: Ingmar Bergman. Fotografia: Sven Nykvist. Musica: Lars Johan Werle. Interpreti: Liv Ullmann (Alma Borg), Max Von Sydow (Johan Borg), Ingrid Thulin (Veronica Vogler), Erland Josephson (barone Von Merkens), Gertrud Fridh (Corinne von Merkens), Bertil Anderberg (Ernst von Merkens), Gudrun Brost (Gamla von Merkens), Georg Rydeberg (Lindhorst), Ulf Johannsson (Heerbrandt), Naima Wifstrand (la vecchia col cappello), Lenn Hjortsberg (Kreisler), Mikael Rundqvist (il ragazzo), Folke Sundqvist (Tamino, nello spettacolo di marionette). 

Di questo film ho scritto per esteso sul blog giulianocinema. Riporto qui la parte dedicata alla musica, Il Flauto Magico di Mozart.

 
L’ora del lupo è nella notte, poco prima dell’alba. E’ un’ora particolare: Ingmar Bergman soffriva d’insonnia, io no (per fortuna), però la vita mi ha portato a fare i turni di notte in fabbrica, per 15 anni. Non che il lavoro fosse pesante, ma il turno di notte è tutta una cosa diversa dal lavoro normale: molti non lo sanno, ma gli incidenti peggiori – da Cernobyl a Three Miles Island, la lista completa è molto lunga – sono spesso avvenuti proprio in quell’ora lì, l’ora del lupo, fra le tre e le cinque del mattino. Mi stupisce sempre la leggerezza e la stupidità dei nostri dirigenti (politici e capi del personale, capi piccoli e grandi) davanti alla facilità con la quale discettano di questi argomenti. Una volta il mio capo (ahimè, una donna) ebbe a dire, parlando del lavoro a turni: «Sì, ti alzi alle cinque del mattino, ma poi hai tutto il pomeriggio libero». Come se il sonno, il dormire e il non dormire, fosse una cosa senza importanza: gli incidenti peggiori sono dovuti al sonno, le statistiche (quelle serie) parlano chiaro e sono impressionanti.
E dunque l’ora del lupo la conosco anch’io, mio malgrado: i demoni arrivano per davvero, proprio come spiega Bergman in questo film. Che è il più impressionante, con “Sussurri e grida”, tra quelli del grande regista svedese: dopo aver visto questi due film, è davvero difficile prendere sul serio un qualsiasi horror o thriller girato da altri.
 

E’ un film così difficile e personale che rinuncio a parlarne: è un capolavoro e va visto, ma con le dovute precauzioni. Qualcosa di simile lo ricordo in alcune tavole di Guido Crepax (che di Bergman era un grande appassionato), forse in Dürer; ma qui tutto è davvero realistico e quotidiano, il disagio e l’orrore sono reali. Posso dire ancora che Liv Ullmann vi appare molto bella e molto giovane, che Max von Sydow è straordinario, che tutti gli attori sono eccellenti, e che Sven Nykvyst fotografa tutto a livelli di perfezione assoluta; e che uno dei momenti magici del film è una breve rappresentazione di un momento del “Flauto Magico” di Mozart, a metà film.
 

Per il resto, lascio volentieri la parola a Ingmar Bergman, che di questo film parla molto a lungo nei suoi libri. Ho tagliato molte parti, per rispetto al diritto d’autore ma anche e soprattutto perché ci sono pagine che avrei preferito non leggere: lo dico come avvertenza, e forse bisognerebbe mettere qualche segnale nei libri quando si arriva a certi livelli di durezza.
Ingmar Bergman, da “Lanterna magica” (ed. Garzanti)
(...) Le ore peggiori sono quelle del lupo, fra le tre e le cinque. Allora arrivano i demoni: l'amarezza, la nausea, la paura, il disgusto, la collera. Non serve soffocarli, s'incattiviscono.
Quando gli occhi sono stanchi di leggere c'è la musica. Chiudo gli occhi e ascolto con concentrazione, lasciando via libera ai demoni: venite pure, vi conosco, so come funzionate, continuate finché non vi stancate, io non mi difendo. I demoni infuriano sempre di più, dopo un po' ogni resistenza cessa e loro diventano ridicoli, allora scompaiono e io m'addormento per qualche ora.
(Ingmar Bergman, da “Lanterna magica” , ed. Garzanti, pag.205)

 
(...) Nel mio film L'ora del lupo ho in seguito cercato di rappresentare la scena che mi ha commosso più profondamente: Tamino solo di fronte al palazzo. C'è buio, egli è stato colto dal dubbio e dalla disperazione. Grida: O notte oscura! Quando ti dissolverai? Quando troverò la luce nella tenebra? Le voci rispondono pianissimo dall'interno del tempio: presto, presto o mai più! Tamino: Presto? Presto? O mai più. Voi esseri a me nascosti, rispondete: Pamina vive ancora? Le voci rispondono lontano: Pamina, Pamina vive ancora!
Queste dodici battute contengono due domande ai limiti estremi della vita, ma anche due risposte. Quando Mozart scrisse la sua opera era già malato, l'intuizione della morte lo sfiorava. In un momento d'impaziente disperazione grida: O notte oscura! Quando ti dissolverai? Quando troverò la luce nella tenebra? Il coro risponde ambiguo: presto, presto o mai più. Mozart, mortalmente malato, grida una domanda alla tenebra. Da questa tenebra risponde egli stesso alla propria domanda - o riceve una risposta?


Così l'altra domanda: Pamina vive ancora? La musica traduce la semplice domanda del testo nella più grande delle domande: è vivo l'amore? È reale l'amore? La risposta giunge tremante ma piena di speranza, in una strana suddivisione del nome di Pamina: Pa-mi-na vive ancora! Non si tratta più del nome d'una attraente giovane donna, è una parola in codice che indica l'amore: Pa-mi-na vive ancora! L'amore esiste. L'amore è reale nel mondo degli uomini.


Nell'Ora del lupo, la macchina da presa fa una panoramica dei demoni cui il potere della musica ha dato qualche istante di pace, e si ferma sul volto di Liv Ullmann. Una doppia dichiarazione d'amore, tenera ma disperata.
Qualche anno più tardi proposi alla RadioTv Svedese di fare il Flauto magico. La relazione fu di dubbio, d'imbarazzo. Se non fosse intervenuto con energia ed entusiasmo il direttore del programma musicale, Magnus Enhörning, il progetto non sarebbe mai stato realizzato. (...)
(Ingmar Bergman, da “Lanterna magica”, ed. Garzanti, pag.196)

 
Ingmar Bergman, da “Immagini” (ed. Garzanti)
(...) A cena nel castello i dèmoni sembrano normali, seppure un po' strani. Gironzolano nel parco, conversano, fanno il teatro dei burattini. Tutto appare abbastanza tranquillo. In realtà, essi vivono la vita dei dannati in un insopportabile dolore, accapigliandosi eternamente tra di loro. Si aggrediscono e si mangiano l'anima l'un l'altro.
Per un breve attimo il loro tormento viene mitigato. È quando viene suonato “Il flauto magico” di Mozart nel piccolo teatro dei burattini. La musica concede qualche momento di pace e di sollievo.
La macchina da presa tocca il viso di tutti. La ritmizzazione del testo è un cifrario: Pa-mi-na significa amore. Vive ancora l'amore? «Pamina lebet noch», l'amore vive ancora. La macchina da presa su Liv: è una doppia dichiarazione d'amore. Liv era incinta di Linn. Linn è nata proprio nel giorno in cui abbiamo filmato l'entrata di Tamino nel cortile del palazzo. (...)
(Ingmar Bergman, da “Immagini”, ed. Garzanti, pag.31 e seguenti)

 

2 commenti:

  1. Colpisce l'umanità dei demoni, il loro essere "interni" più che "esterni" al soggetto. L'ora del lupo è quella della ferinità, del condizione umana prima della cultura, prima della musica..

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  2. è un film grande ma difficile, molto duro. Mi aveva colpito ritrovare qui proprio il punto per me fondamentale del Flauto Magico. Ho potuto vedere L'ora del lupo solo pochi anni fa, quindi ho scoperto cosa conteneva dopo quarant'anni...

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