martedì 27 settembre 2016

Topsy-turvy V


Topsy-Turvy (Il mondo sottosopra, 1999) Scritto e diretto da Mike Leigh. Tratto dalla biografia di Gilbert & Sullivan. Fotografia: Dick Pope. Scenografie: Eve Stewart. Costumi: Lindy Hemming. Coreografie: Francesca Jaynes. Ricerche: Rosie Chambers. Musica: Arthur Sullivan (Lyrics by William S. Gilbert) Altre musiche: Jacques Offenbach, Beethoven, Schumann. Musiche originali e arrangiamenti di Carl Davis. Direttore d’orchestra: Gary Yershon. Tutti gli attori cantano con le loro vere voci. Durata: 160 minuti.
INTERPRETI: Allan Corduner (Sir Arthur Sullivan) Jim Broadbent (W. S. Gilbert)
In casa di Gilbert: Lesley Manville (Lucy, moglie di Gilbert) Charles Simon (padre di Gilbert)
domestici di casa Gilbert: Dexter Fletcher (Louis), Sukie Smith (Clothilde), Kenneth Hadley (Pidgeon), Kate Doherty (Mrs. Judd), Keeley Gainey (cameriera); David Neville (il dentista); Theresa Watson e Lavinia Bertram (sorelle di Gilbert) Eve Pearce (madre di Gilbert)
In casa di Sullivan: Eleanor David (Fanny Ronalds, la cantante amica di Sullivan), Matthew Mills (Walter Simmonds, il pianista con la Rolands)
Al Savoy Theatre: Ron Cook (Richard D'Oyly Carte), Wendy Nottingham (Helen Lenoir, assistente di D’Oyly Carte), Sam Kelly (Richard Barker, direttore di scena - al telefono nell’ufficio di D’Oyly Carte) Nicholas Woodeson (Mr. Seymour, assistente di Gilbert nelle prove)
I cantanti del Savoy: Timothy Spall (Richard Temple, The Mikado), Martin Savage (George Grossmith), Kevin McKidd (Durward Lely, il tenore giovane), Shirley Henderson (Leonora Braham, che canta nel finale) Dorothy Atkinson (Jessie Bond, la cantante ferita a una gamba), Vincent Franklin (Rutland Barrington, cantante, nella scena delle ostriche), Cathy Sara (Sybil Grey, quella che prova il kimono) Louise Gold (Rosina Brandram, Katisha), Mark Benton (il corista che difende Temple) Steve Speirs (il corista che è d’accordo sul taglio dell’aria di Mikado)
Personale del Savoy Theatre, e altri attori: Francis Lee (Butt, servo di scena), Amanda Crossley (al servizio di Jessie Bond), Neil Humphries (il ragazzo), Roger Heathcott (Banton), Stefan Bednarczyk (Frank Cellier, assistente di Sullivan in orchestra), Geoffrey Hutchings (un armigero)
William Neenan (Cook, servo di scena), Adam Searle (Shrimp) Andy Serkis (John D'Auban, coreografo) Mia Soteriou (Mrs. Russell, pianista durante le prove) Alison Steadman (Madame Leon, la costumista) Angela Curran (Miss Morton, assistente di Madame Leon) Jonathan Aris (Wilhelm, costumista e assistente di Gilbert) Shaun Glanville , Julian Bleach, Neil Salvage, Matt Bardock (orchestrali)
In Francia: Gary Yershon (pianista nel bordello) Katrin Cartlidge (Madame) Julia Rayner (Mademoiselle Fromage) Jenny Pickering (Second Prostitute) Philippe Constantin (il cameriere)
Al padiglione giapponese: Kimi Shaw (filatrice) Toksan Takahashi (calligrafo) Akemi Otani (danzatrice) Kanako Morishita (suonatrice di samisen) Togo Igawa e Eiji Kusuhara (attori Kabuki ) Naoko Mori (Miss 'Sixpence Please')

5.
Al padiglione giapponese, Mr. Gilbert ha comperato una bella spada da samurai: la fa appendere al muro, ma il chiodo è mal fissato e in seguito, quando Gilbert è da solo nel suo studio, la spada cadrà a terra. Gilbert non resiste: la raccoglie, la snuda, comincia a giocarci. E’ fatta: sta per nascere “The Mikado”, questo sì un soggetto nuovo. Lo scrive quasi di getto, e quando lo farà leggere a Sullivan il musicista non riesce a dire di no: troppo divertente, e troppo piena di spunti nuovi e interessanti.
 

Intendiamoci: in “The Mikado” rimane ben poco di veramente giapponese, a parte i costumi e l’esteriorità. Nello scrivere l’opera, Mr. Gilbert è stato molto bravo e molto divertente, ma va detto che “The Mikado” ha a che vedere col Giappone tanto quanto un film di Franchi e Ingrassia o un cartone animato di Tom e Jerry: ma è una novità, perché del Giappone, in quel 1884, non si sa ancora quasi niente, e anche solo vedere scene e costumi (davvero molto accurati) è sbalorditivo.

 
Siamo ormai nel 1885, il 12 febbraio: e giunge a Londra la notizia che il generale Gordon è stato ucciso a Khartoum, in Sudan. E’ un colpo terribile per l’impero coloniale britannico, ed è anche il soggetto di “Le quattro piume”, un film famoso e spettacolare che ha avuto anche un remake pochi anni fa. (Winston Churchill, così come viene detto all’inizio da Fanny Rolands, ha 11 anni: crescerà e farà in tempo a combattere anche lui nelle colonie).
E’ davvero una notizia terribile, ma i tre cantanti del Teatro Savoy (che impariamo a conoscere qui, e da qui in avanti saranno protagonisti) non ne sembrano molto preoccupati e la trattano come un normale argomento di conversazione: del generale Gordon e del Sudan ci si occuperà più avanti, per intanto si fa una bella scorpacciata di ostriche, con abbondante bevuta di birra. I cantanti si chiamano Barrington, Grossmith e Lely; Lely è il più giovane, è l’unico a non mangiare le ostriche, e Leigh lo sceglie per ricordarci che anche gli inglesi, nelle colonie, hanno parecchi morti innocenti sulla coscienza. Ma il dialogo è molto cordiale, niente polemiche.
Questa scena mi ha incuriosito molto, perché è ben fatta e ben recitata, ma soprattutto perché mi ha ricordato una scena simile in Lewis Carroll, in Alice nel Paese delle Meraviglie: la storia del Tricheco e del Carpentiere. C’è anche nel cartone animato di Walt Disney, e per molto tempo mi sono chiesto cosa ci facessero le ostriche in quel libro: poi ho trovato la spiegazione in un articolo di Repubblica, un paio d’anni fa. Nell’Ottocento a Londra le ostriche erano molto comuni, così come a New York: se ne trovavano facilmente, data la vicinanza col mare, ed erano molto pregiate. In più, c’era la Francia molto vicina: anche dalle coste francesi arrivavano ogni giorno ostriche fresche.
Questa è dunque da intendersi come una scena abbastanza comune all’epoca: birra e ostriche, con replica, è il pranzo di due dei cantanti; il terzo non si fida e se ne astiene, sceglie una sogliola e farà bene. Nella scena successiva, infatti, vediamo i cantanti, uno alla volta, andare dall’impresario del Savoy a discutere del contratto per “The Mikado”, l’opera nuova: i due che hanno mangiato le ostriche non riusciranno a finire il colloquio. “Tutta colpa di Barrington, quel ghiottone...” dirà Grossmith prima di correre in bagno, sotto lo sguardo costernato di Miss Lenoir e di D’Oyly Carte.

 
Intanto l’opera nuova va avanti, siamo già alle prove. Vediamo al lavoro Mr.Gilbert, che è anche un regista molto esigente; a casa sua ha un teatrino giocattolo dove prepara tutto meticolosamente. In quell’epoca non c’erano ancora i registi di teatro come oggi, ma sappiamo che molti autori (Giuseppe Verdi, per esempio) erano esigentissimi e controllavano ogni dettaglio della messa in scena, non solo la musica ma anche la recitazione e i costumi: così come fa Gilbert in queste sequenze.
Leigh ci mostra le prove di “The Mikado”: sia per la recitazione che per tutto il resto, ci sono molte novità inaspettate, e i cantanti sono un po’ sconcertati. Gli abiti giapponesi sono davvero qualcosa di strano e di sconveniente, nell’Inghilterra vittoriana. Per esempio, bisognerà togliere i corsetti: che si usavano sia per maschi che per le femmine. Il tenore Lely è convinto che il corsetto gli serva per reggere le note più lunghe, Mr. Gilbert gli spiega che sono tutte scuse. Ed è sempre Mr. Gilbert a far venire in teatro i giapponesi e le giapponesi che ha conosciuto alla mostra: dovranno mostrare agli attori e cantanti inglesi come ci si muove, come si porta il kimono, come si usa il ventaglio...


Leigh si diverte molto a mostrare il teatro nel teatro, per esempio con la macchietta del coreografo che spiega di aver già portato più volte con successo movimenti cinesi e giapponesi in teatro: che bisogno c’è di cercare qualcosa di nuovo?
Mr. Gilbert ci appare molto efficace ma anche molto rigido e chiuso, tratta tutti come cose e non accetta discussioni; ma poi saprà accettare suggerimenti dai coristi e dai cantanti. Suo aiutante è Mr. Seymour, piccolo e barbuto e molto efficiente.
Dei cantanti, Temple è il grosso baritono che sarà Mikado, Grossmith il tenore eroinomane; anche loro sono due vere star dell’epoca, e su internet si trovano molte foto e caricature dei veri cantanti. E’ una ricerca divertente: il vero Temple era più magro di Timothy Spall, che però è un attore stupendo e ne fa un ritratto memorabile.
 

Dopo il successo della nuova opera, Leigh chiude con il dialogo finale di Gilbert con la moglie, che verte sulla maternità negata; c’è un rimando alle battute iniziali di Gilbert su sua madre e sulla disgrazia d’essere nati, e a quella di sua madre sul dispiacere di aver partorito “un bambino spiritoso”. Di seguito, a contrasto, il dialogo finale di Sullivan con Fanny: una coppia felice, ma veniamo a sapere che Fanny è incinta, ma ha deciso di abortire. Con gran sollievo per entrambi: del resto, non è la prima volta. Ancora una volta, un netto contrasto fra Gilbert e Sullivan anche nelle loro vite private; e una riflessione non banale sulla società, come negli altri film di Mike Leigh (il suo film successivo sarà “Il segreto di Vera Drake”, proprio sul tema dell’aborto e della maternità).

 
Dopo il Mikado, la collaborazione tra i due continuò con grande successo, con opere divertenti e molto riuscite come “I Gondolieri” e “Yeomen of the Guard”. Sullivan riuscì a scrivere la sua opera seria, “Ivanhoe” : un buon successo alla prima, ma subito dimenticata.
 

Gli attori sono tutti professionisti molto affermati, magari con nomi poco noti da noi ma ben presenti in tutti i film inglesi o di ambientazione inglese: Jim Broadbent (Gilbert) è il professore in Cronache di Narnia, ma molti elementi del cast si trovano in Harry Potter, nel Signore degli Anelli, eccetera.

William Gilbert meriterebbe davvero di essere scoperto qui anche da noi: fu anche disegnatore e vignettista, diresse riviste e lavorò molto in teatro, e tra le altre cose scrisse un burlesque su “Rosencrantz e Guildenstern”, cioè una rivisitazione dell’Amleto cent’anni prima di Tom Stoppard (ma senza la musica di Sullivan).
L’ascolto di Sullivan può essere una piacevole sorpresa: molte sue cose sono di routine, ma ci sono melodie bellissime (è molto ma molto meglio di Lloyd-Webber, per fare un solo esempio). Ed è su una sua melodia, un’aria dal Mikado, che si chiude il film. Il finale di questo film è bellissimo, un piccolo classico, il finale che tutti i registi, prima o poi, hanno sognato di poter girare.
YUM (allo specchio). Yes, I am indeed beautiful! Sometimes I sit and wonder, in my artless Japanese way, why it is that I am so much more attractive than anybody else in the whole world. Can this be vanity? No! Nature is lovely and rejoices in her loveliness. I am a child of Nature, and take after my mother.
The sun, whose rays
Are all ablaze
With ever-living glory,
Does not deny
His majesty--
He scorns to tell a story!
He don't exclaim,
"I blush for shame,
So kindly be indulgent."
But, fierce and bold,
In fiery gold,
He glories all effulgent!
I mean to rule the earth,
As he the sky--
We really know our worth,
The sun and I!
Observe his flame,
That placid dame,
The moon's Celestial Highness;
There's not a trace
Upon her face
Of diffidence or shyness:
She borrows light
That, through the night,
Mankind may all acclaim her!
And, truth to tell,
She lights up well,
So I, for one, don't blame her!
Ah, pray make no mistake,
We are not shy;
We're very wide awake,
The moon and I!

 



(fine)


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